Un evento storico che è stato preparato da un lungo fermento nelle discipline umanistiche e che ha affidato loro un compito straordinario. Il Concilio Vaticano II, che ha fatto del dialogo con il mondo uno degli aspetti centrali del suo modo di leggere la presenza della Chiesa nella storia contemporanea, ha affidato un ruolo particolare alla cultura per la realizzazione di quello che i padri conciliari hanno definito “nuovo umanesimo”.
A questa sfida la facoltà di Lettere e filosofia, sede tradizionale delle discipline umanistiche, ha dedicato dal 14 al 16 maggio un convegno che ha coinvolto tutti i suoi saperi. Insieme alle relazioni fondanti di padre John W. ’OMalley s.j. , della Georgetown University Washington, DC – USA, e di Gilles Routhier, dell’Université Laval, Québec City QC, Canada, di cui proponiamo la nostra video-intervista, sono intervenuti molti professori ed ex professori della facoltà. Di alcuni dei loro interventi proponiamo alcuni stralci, per dare conto dell’ampiezza dei contenuti affrontanti nella tre giorni del convegno.
Come ha spiegato il preside Angelo Bianchi introducendo i lavori, il Concilio ha riservato largo spazio alle scienze sociali, alle scienze umane moderne, in particolare all’economia, alla sociologia, alla psicologia, per comprendere i grandi problemi di un’umanità che usciva da un terribile conflitto bellico e si trovava davanti nuovi problemi globali.
Tuttavia il Concilio ha riservato ampi riferimenti alla cultura umanistica in senso proprio, cioè alle discipline classiche, storico-filologiche, filosofiche, letterarie e artistiche, «sia per bilanciare e contemperare la crescita straordinaria e, a volte, incontrollabile delle cosiddette scienze “dure”, attraverso la salvaguardia del depositum di conoscenze e di valori in esse custodito, e a cui aveva contribuito in gran parte il Cristianesimo e la Chiesa cattolica». Come recita la Costituzione Gaudium et Spes, «in qual modo promuovere il dinamismo e l’espansione della nuova cultura senza che si perda la viva fedeltà al patrimonio della tradizione? Questo problema si pone con particolare urgenza là dove la cultura, che nasce dal grande sviluppo scientifico e tecnico, si deve armonizzare con la cultura che, secondo le varie tradizioni, viene alimentata dagli studi classici».
Ma, secondo il preside, alle discipline umanistiche il Concilio riconosceva non solo un valore “tradizionale”, statico, quasi “archeologico”, si potrebbe dire, ma dinamico, attivo, di conoscenza e di sviluppo della realtà e dell’umanesimo contemporaneo. Al paragrafo 62 la Costituzione apostolica affermava: “Gli studi recenti e le nuove scoperte delle scienze, come pure della storia e della filosofia, suscitano nuovi problemi che comportano conseguenze anche per la vita pratica ed esigono nuove indagini anche da parte dei teologi”.
«Si coglie qui - prosegue il professor Bianchi - come risultasse ben presente ai Padri del Concilio, la maggior parte dei quali formatasi nei decenni centrali della prima metà del secolo, nei cruciali decenni tra le due guerre, il valore e l’estensione del dibattito provocato da storici e filosofi, con il progressivo e travagliato allentarsi di posizioni idealistiche e storicistiche, incalzate e superate ormai, metodologicamente, da paradigmi epistemologici nuovi, dominati dalla fenomenologia e dalla nuova storia sociale e dei soggetti collettivi, che facevano emergere, come prontamente rilevato dal documento conciliare, problemi che “…comportano conseguenze anche per la vita pratica”, e favorivano la circolazione di dibattiti e discussioni anche al di fuori delle aule accademiche e dei soli circuiti universitari».
«Accanto a questo aspetto problematico e cogente delle discipline umanistiche, verso la teologia e verso la Chiesa, la Gaudium et spes riconosceva loro anche uno specifico valore conoscitivo, quando poche righe dopo affermava: “A modo loro, anche la letteratura e le arti sono di grande importanza per la vita della Chiesa. Esse cercano infatti di esprimere la natura propria dell’uomo, i suoi problemi e la sua esperienza nello sforzo di conoscere e perfezionare se stesso e il mondo; cercano di scoprire la sua situazione nella storia e nell’universo, di illustrare le sue miserie e le sue gioie, i suoi bisogni e le sue capacità; e di prospettare una sua migliore condizione. Così possono elevare la vita umana, che esprimono in molteplici forme, secondo i tempi e i luoghi”.
Intorno a questo nucleo tematico è nata l’idea di organizzare il convegno, intorno al nodo problematico rappresentato dal rapporto tra discipline umanistiche, che sono indagatrici ed espressione dell’umanesimo contemporaneo, e il Concilio Vaticano II, «nella convinzione che ciascuno di noi matura nel quotidiano esercizio del compito di docente e di ricercatore, che ancora oggi, e forse anche domani, la storia e la filosofia continueranno a porre interrogativi che pertengono profondamente la vita pratica dell’uomo, e quindi interpellano continuamente la Chiesa e la sua missione nel mondo; che ancora oggi, e forse ancora domani, la letteratura e le arti forniranno una conoscenza indispensabile ed insuperabile della natura dell’uomo, perché ne dichiarano grandezze e miserie, aspirazioni e delusioni, sogni e realtà, rivelandone cioè lo spirito più profondo».