È un'immagine frequente e quasi topica nella scuola italiana - se si pensa al popolare film "Auguri professore" in cui Silvio Orlando, nei panni di uno sconsolato docente di lettere, ammonisce un padre che pretende di avere un giudizio su un tema scritto da lui invece che dalla figlia - quella del genitore che a casa svolge i compiti al posto del figlio e "ritorna a scuola" insieme a lui, gioendo dei successi strappati alla prole e mortificandosi per un brutto voto ricevuto.
Il tema dei compiti a casa, una questione da sempre aperta e problematica, è stato affrontato nell'ultima iniziativa del Servizio di Psicologia dell'Apprendimento e dell'Educazione venerdì 22 febbraio: una intera giornata, tra conferenze di specialisti e laboratori, rivolta a studenti, genitori e insegnanti per indagare meglio questo territorio ibrido - come ha sottolineato Alessandro Antonietti - in cui la scuola si prolunga nell'ambito famigliare, riscuotendone i più diversi, e talvolta drammatici, effetti.
«Individuare il "senso" dei compiti», ha spiegato Manuela Cantoia, «non è sempre facile», proprio perché essi coinvolgono una molteplicità di soggetti che hanno esigenze differenti, ed è tenendo insieme tutte queste esigenze che un insegnante può trovare la "ricetta" del compito perfetto: un compito che venga impostato a scuola e che sia inerente al lavoro fatto in classe, che necessiti di tempi contenuti e che contemporaneamente abbia una struttura "sfidante" cioè che contenga una novità stimolante per lo studente; che, infine, ottenga sempre un feedback da parte del docente. Ma le funzioni dei compiti, di cui ha parlato diffusamente Marisa Giorgetti, non sono solo inerenti l'apprendimento nelle sue varie modalità, bensì riguardano soprattutto l'allenamento alla fatica e allo sforzo, lo sviluppo del senso di responsabilità e del dovere, l'imparare a gestire il tempo e le informazioni. Per questi motivi è molto importante che anche i genitori sappiano bene quale ruolo compete loro: come ha spiegato Emanuela Confalonieri, «lo studente ha bisogno di sentirsi protagonista della sua esperienza scolastica, perché questo costituisce un importante dispositivo motivazionale». Ai genitori presenti è stato fornito anche qualche consiglio per attivare buone pratiche in famiglia: ad esempio, meglio stabilire un momento, che sia sempre lo stesso, dedicato ai compiti e che il bambino li svolga in un ambiente il più possibile asettico e privo di distrazioni, facendo riferimento sempre allo stesso genitore: «meglio i papà delle mamme, che di solito sono più sensibili e troppo coinvolte».
Partendo dall'analisi del problema dei compiti, si è arrivati a delineare il ritratto della scuola ideale, una scuola in cui si sviluppi una buona collaborazione tra insegnanti e genitori, entrambi, con ruoli diversi, responsabili della formazione dei ragazzi: «gli insegnanti», come ha sottolineato Annella Bartolomeo, «dovrebbero rendersi disponibili ad aiutare i genitori a capire come gestire il loro ruolo, importantissimo ed enorme: sostenere la motivazione dei loro figli a migliorarsi e a imparare».
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