Qual è il rapporto tra fede e ragione alla luce del magistero della Chiesa Cattolica? Attorno a questa domanda si è svolto il convegno di due giorni all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dal titolo Tra ragione e fede. La Dottrina sociale della Chiesa e la sua valenza “ecumenica”. Era il dicembre 2005 quando Benedetto XVI nella sua Enciclica Deus caritas est, scriveva: «La Dottrina sociale della Chiesa argomenta a partire dalla ragione e dal diritto naturale». Da questa osservazione ha preso le mosse l’incontro internazionale organizzato dal Centro di ateneo per la Dottrina sociale della Chiesa e curato dal direttore Evandro Botto, da Ferdinando Citterio e Alessandra Gerolin. Il convegno ha evidenziato il valore autenticamente ecumenico della dottrina sociale che, nell’attuale fase storica, può rappresentare un punto d’incontro tra le diverse religioni.
I lavori, suddivisi in tre sessioni, sono iniziati con la lectio inauguralis di monsignor Silvano Tomasi, nunzio apostolico e osservatore permanente della Santa Sede all’Ufficio delle Nazioni Unite e delle Organizzazioni internazionali a Ginevra, dedicata alla dottrina sociale della Chiesa nell’incontro con le altre chiese cristiane e, più in generale, con l’intera società. «La realtà in cui viviamo è sempre più simile al villaggio globale immaginato dal sociologo canadese Marshall Mcluhan, ma - ha spiegato l’arcivescovo Tomasi, - in una realtà in cui le informazioni viaggiano con incredibile facilità e velocità è necessaria la presenza di una governance globale».
Citando il celebre discorso di Paolo VI all’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1965, Tomasi ha spiegato che «la Chiesa, nel pieno rispetto della laicità e dell'autonomia delle realtà temporali, non esita a presentarsi come esperta in umanità, in grado cioè di offrire al mondo ciò che possiede in proprio: una visione globale dell'uomo e della società». Attraverso un excursus storico l’arcivescovo ha dimostrato come, negli ultimi 120 anni, lo sviluppo della Dottrina sociale rappresenti un chiaro esempio di come essa abbia cercato di attualizzare la sua tradizione morale.
Di fronte ai profondi cambiamenti politici, economici e istituzionali, ma anche morali, portati dalla crisi, la dottrina sociale della Chiesa deve essere il faro per tutti i settori della società. Tale attività, ha spiegato Tomasi, non può limitarsi a un mero esercizio volto all’identificazione di un’intrinseca e autonoma eticità, ma deve compiere un passo successivo: va inserita nel contesto delle tutte le attività dell’uomo, dalla politica alla cultura alla religione. È in quest’ottica che è necessario porre al centro delle politiche dei Paesi, l’uomo nelle sue dimensioni integrali, piuttosto che i singoli interessi particolari, contribuendo così a superare la crisi di fiducia che ha coinvolto anche il mondo delle istituzioni. In questo rinnovato impegno si rende necessario l’apporto della Dottrina Sociale, in quanto risorsa per il bene comune. Infine, monsignor Tomasi ha sottolineato il fondamentale ruolo della Santa Sede che, in un mondo dove i mass media si concentrano sulla spettacolarizzazione della realtà, cerca di farsi tramite dei valori morali ed etici del cattolicesimo e, proprio attraverso la Dottrina sociale, indica un cammino costruttivo.
Grande interesse ha suscitato l’intervento di Rowan Williams, teologo anglicano, arcivescovo emerito di Canterbury. La sua relazione ha messo in evidenza le numerose convergenze fra anglicani e cattolici nella teologia sociale. Al centro di entrambe le tradizioni, ha sottolineato, vi è l’idea di mutualità, l’idea cioè che il bene individuale non può esistere in mancanza del bene, e della crescita, di tutti. «Entrambi gli stili di teologia sociale convergono su una duplice convinzione - ha spiegato l’arcivescovo emerito di Canterbury -: ciò che è naturale per gli esseri umani è la reciprocità, e questa reciprocità è più completa, nonché pienamente realizzata, nella comunità riunita attorno al Corpo di Cristo: questa è la rappresentazione fisica e reale dell'assemblea liturgica, che celebra la presenza del Verbo eterno nei segni materiali offerti e benedetti in ringraziamento.
Nel corso della seconda sessione è stato approfondito il rapporto con l’ebraismo e l’islam. A proposito di quest’ultimo ci si è concentrati innanzitutto sulla sua grande e poco nota attenzione nei confronti della dottrina sociale della Chiesa cattolica. Questo punto è stato affrontato, con un approccio teorico, da Martino Diez, direttore scientifico della fondazione Oasis, che ha esposto un’analisi della realtà del mondo arabo.
Di grande interesse la relazione di Wael Farouq, docente di arabo all’Università americana del Cairo, che ha studiato l’apporto delle minoranze cristiane durante le primavera araba in Egitto. «Dopo l’attentato alla Chiesa dei Due Santi ad Alessandria la notte di Capodanno del 2011, le strade hanno visto dimostrazioni di cristiani e musulmani insieme che chiedevano la caduta di Hosni Mubarak e del suo ministro degli Interni Habib al-Adly» ha raccontato Farouq. «Se si guardano le liste dei nomi dei martiri e dei feriti - ha proseguito - tra il 25 gennaio e 28 gennaio, si troverà l'80% delle vittime cristiane».
Il professore ha spiegato ancora che «nel 2013, durante la rivolta del 30 giugno contro il presidente islamista Mohammed Morsi, la solidarietà tra cristiani e musulmani si è rinnovata. Quando molte Chiese sono state attaccate come rappresaglia per l'estromissione di Morsi, i musulmani hanno offerto di proteggerle con i propri corpi. I cristiani però declinarono l'offerta dicendo che le chiese possono essere ricostruite, mentre la vita dei musulmani no. In sostanza, da questa sintesi si può dedurre - ha concluso Farouq - che in periodi di rivoluzione l'incontro tra le religioni si rinnova e si fortifica. La lotta per la libertà degli altri, e la disponibilità a sacrificarsi per essa, rivela il vero volto umano, in modo che il binario costituito da "me" e "l'altro" è superato, lasciando posto solo per il noi».
L’ultima sessione è stata dedicata alla dottrina sociale della Chiesa nella società civile. Luke Bretherton, docente di teologia etica alla Duke University ha analizzato le interrelazioni fra società, democrazia e verità, con particolare attenzione al ruolo dei laici. Alla luce dell’insegnamento sociale della Chiesa, essi svolgono un compito fondamentale nella scoperta di cosa si debba intendere per società.
Il gesuita Pierre Martinot-Lagarde, consigliere speciale per gli affari socio-religiosi dell’Organizzazione mondiale del lavoro (Ilo) ha presentato un progetto, attualmente in corso, incentrato sulla nozione di lavoro dignitoso, che l’Ilo, in collaborazione con il Consiglio Mondiale delle Chiese e il Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace, ha voluto per la tutela e la promozione dei diritti legati al lavoro. Proprio in rappresentanza del Pontificio Consiglio è intervenuta la sottosegretaria Flaminia Giovannelli, che ha ripercorso l’attualità e il respiro ecumenico della Pacem in terris di Giovanni XXIII che ha aperto la dottrina sociale alla modernità.
Il convegno grazie alle analisi e alle relazioni degli invitati è stato un importante spunto di riflessione per il dialogo ecumenico e interreligioso, nonché sulla vita stessa dell’intera società. In una fase storica, sentita sempre più come ostile e oscura, la dottrina sociale delle Chiesa può essere il terreno fertile su cui ricominciare a crescere insieme.