Conoscere alcune delle più interessanti ricerche che si sono recentemente svolte sulla storia della cultura a Brescia in un ampio arco cronologico, dal Tre al Settecento, con la partecipazione di studiosi già affermati e di giovani ricercatori. Era l’obiettivo della sesta giornata “Libri e lettori a Brescia tra Medioevo ed Età moderna”, che si è svolta nella sede bresciana della Cattolica l’8 maggio sul tema La lettura e i libri tra chiostro, scuola e biblioteca.
Alessandro Tedesco, che si è occupato del primo tipografo attivo in città nel XV secolo, Tommaso Ferrando, ha affrontato il tema della relazione di tre raccolte di lettere, collegate alla sua figura, assai interessanti perché rappresentano assieme una cesura e un punto di unione tra le due “anime” del Ferrando: quella di tipografo appunto e quella di maestro di scuola.
Il prototipografo bresciano fu attivo sicuramente in due periodi distinti, tra il 1471 e il ’74 e tra il 1493 e il ’94. Con la sua raccolta di lettere personali (Epistolae) il Ferrando, al termine della prima fase di attività tipografica, cercava di slegarsi in maniera definitiva dal mondo della stampa, perché mirava a essere assunto come precettore presso la famiglia Sforza a Milano. Non sembra però che questa sua dimostrazione di disponibilità abbia trovato alcuna eco a Milano.
Invece, con le altre due raccolte di epistole di Cicerone (Epistolae excerptae ed Epistolae selectae), stampate, una a cavallo tra i due periodi di attività, e l’altra nel secondo, il Ferrando esprime a pieno la sua anima di maestro, visto che si tratta sostanzialmente, di materiale adatto all’insegnamento e alla esercitazione in aula».
Si tratta dunque della storia di un’impresa assieme tecnologica e culturale? «Sì, perché tutte e tre queste raccolte, che sembrano rompere con l’attività tipografica, rappresentano, in un certo qual modo, anche un punto di unione con la stessa: le lettere personali (Epistolae) e la prima raccolta di Cicerone (Epistolae excerptae), seppur non stampate dal Ferrando, furono messe a stampa per sua volontà, mentre le Epistolae selectae furono, con grande probabilità, stampate dal Ferrando stesso che vedeva quindi, almeno nell’ultimo periodo della sua attività, il magistero legato a doppio filo col nuovo medium nel quale si era impratichito».
Quali dunque le novità della ricerca presentata? «Innanzitutto si vuole lasciare per una volta da parte l’annosa diatriba sulle reali competenze tipografiche del Ferrando e sulla priorità delle sue edizioni rispetto a quelle di altri stampatori a lui contemporanei operanti nella città di Brescia. In questo caso ci si concentra, come mai fatto fino ad ora, sui tre testi, le tre raccolte epistolografiche che, se analizzate con attenzione, rivelano, oltre alle considerazioni generali già accennate, alcuni aspetti interessanti della mentalità, del lavoro e della personalità di Tommaso Ferrando».
«Le due raccolte ciceroniane - prosegue Tedesco - permettono, infatti, di ricucire l’attività di maestro del Ferrando con le modalità di insegnamento dell’epoca, evidenziando fattori di continuità e di innovazione. Invece, l’edizione delle sue lettere personali, mai lette veramente da alcuno, permette di ricostruire la rete di rapporti che il Ferrando avrebbe voluto costruirsi, di avanzare ipotesi anche in relazione alla cronologia del suo lavoro tipografico a Brescia, di analizzare quale fosse la sua idea del cursus studiorum dell’epoca e di indagare, in relazione all’esercizio della stampa e all’attività di insegnante, quale fosse il suo vero pensiero».
La serie degli incontri su “Libri e lettori” è coordinata da un comitato scientifico di docenti dell’Università Cattolica di Brescia, è organizzata dal Centro di Ricerca Europeo Libro Editoria Biblioteca in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Storiche e Filologiche e con la Fondazione Ugo Da Como di Lonato.