È stato il premio Nobel per l’Economia 2001 Joseph E. Stiglitz a inaugurare lunedì 8 giugno il nuovo centro di ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Complexity Lab in Economics (Cle), nato con l’obiettivo di incoraggiare la ricerca sulle applicazioni della scienza della complessità ai modelli economici. L’economista della Columbia University, consulente di Hillary Clinton e da sempre impegnato a denunciare le anomalie dei mercati senza regole, ha pronunciato un Keynote Speech dal titolo: Imagining an Economics that Works: Crisis, Contagion and the Need for a New Paradigm. L’incontro, che si è tenuto nell’Aula Magna (largo Gemelli, 1 – Milano), è stato aperto dai saluti del rettore dell’Università Cattolica, professor Franco Anelli.
«Il Complexity Lab in Economics (Cle) è stato fondato nel dicembre del 2014 per porre particolare rilievo al contributo che la scienza della complessità applicata all’economia può dare in termini di governo del sistema economico e di politica economica». Il direttore del neonato centro di ricerca dell’Università Cattolica Domenico Delli Gatti, ordinario di Economia politica nella facoltà di Economia dell’Ateneo, delinea in anteprima aspetti e finalità del Complexity Lab in Economics, a partire dal concetto stesso di complessità che sta alla base delle sue attività scientifiche. Perché, aggiunge il docente, «la scienza economica può trarre benefici dall’adozione di concetti e strumenti provenienti dallo studio dei sistemi complessi».
Quando un sistema si definisce complesso? «Quando le sue proprietà aggregate sono differenti dalla somma delle proprietà delle singole componenti. Il sistema economico è complesso nel senso che gli aggregati macroeconomici sono differenti dalla somma delle decisioni microeconomiche prese dai singoli agenti in isolamento: le interazioni locali possono determinare proprietà aggregate emergenti che non sono direttamente riconducibili alle caratteristiche dei singoli agenti. Comprendere i meccanismi di interazione e le dinamiche aggregate dei sistemi complessi adattivi è lo scopo della scienza della complessità, una scienza profondamente interdisciplinare che raccoglie intuizioni e strumenti dalla fisica, dalla biologia e dall’informatica».
Perché c’è tanto interesse nei confronti della complessità? «Dall’inizio della crisi finanziaria globale nel 2007, gli economisti sono stati criticati per non essere stati in grado di prevedere la crisi e per non aver saputo suggerire rimedi adeguati. In generale hanno fallito nel riconoscere e gestire la complessità del sistema economico».
In che modo ha reagito la comunità accademica? «Ha risposto adottando nuovi programmi di ricerca, destinati a rispondere alle istanze di una società profondamente segnata dalla crisi e alla delusione dei responsabili delle istituzioni di politica economica, che si sono trovati senza gli strumenti scientifici adeguati ad affrontarla. Una parte della professione ha cercato di reagire alle critiche iniziando una profonda revisione del paradigma scientifico dominante, mentre un’altra parte della comunità accademica ha deciso che era tempo di fondare un paradigma scientifico completamente nuovo, basato su un approccio interdisciplinare all’economia».
Tutto ciò come si è tradotto? «Negli ultimi anni si è sviluppata una nuova branca di letteratura macroeconomica: i modelli ad agenti (Agent-Based Models). Essa si basa sull’ipotesi che gli agenti sono strutturalmente e persistentemente eterogenei e che il sistema macroeconomico si auto-organizza attorno a una configurazione macroeconomica emergente. Questi modelli possono includere strutture di rete in grado di descrivere la topologia delle interazioni tra gli agenti, razionalità limitata e dinamiche di disequilibrio. Queste caratteristiche, ritenute importanti per la comprensione delle dinamiche economiche aggregate, rendono il modello inerentemente non lineare e non trattabile analiticamente. Per questo motivo, l’analisi dei modelli ad agenti avviene con l’ausilio di computer e programmi specializzati. La modellazione ad agenti è fondamentalmente una metodologia computazionale per risolvere modelli di sistemi complessi».
Come applicate questa impostazione nel Cle? «Abbiamo organizzato il Centro in quattro aree di ricerca specifiche. La prima è quella di Modelli ad agenti macro-finanziari. Lo scopo è costruire ed esplorare le proprietà di modelli macroeconomici con agenti eterogenei e interagenti per studiare le fluttuazioni economiche e le cause che possono portare a una crisi economica. La seconda area - Reti finanziarie - ha invece l’obiettivo di costruire ed esplorare le proprietà delle reti di credito tra istituzioni finanziare, e tra istituzioni finanziarie ed imprese e famiglie. Queste reti possono essere il veicolo attraverso il quale uno shock a un determinato settore del sistema economico si propaga al resto del sistema, potenzialmente causando una crisi a livello aggregato. La terza è dedicata al tema della Macroeconomia comportamentale: l’intento è individuare modelli macroeconomici in cui gli agenti prendono decisioni con vincoli sulle capacità cognitive e sul set informativo a disposizione (razionalità limitata), enfatizzando l’eterogeneità nei meccanismi di formazione delle aspettative. Infine, l’area denominata Esperimenti economici fa riferimento a un ramo di ricerca relativamente nuovo nella letteratura sperimentale, ossia la branca degli esperimenti macroeconomici: le ipotesi sul tipo di comportamento a razionalità limitata possono essere provate attraverso esperimenti di laboratorio con soggetti umani».