Un corso di laurea in Medicina e chirurgia interamente in lingua inglese. Che si inserisce nella prospettiva di creare un passaporto mondiale per il medico. Alla realizzazione di questo progetto hanno contribuito gli incontri didattici che hanno coinvolto il preside e il vicepreside della Medical School dell’Università di Pittsburgh, e sono stati promossi il 19 e 20 settembre scorso al Policlinico A. Gemelli dal professor Raffaele Landolfi, direttore della Scuola di specializzazione in Medicina interna della sede di Roma. «L’idea di realizzare dei seminari didattici con l’Università di Pittsburgh - spiega il professore - nasce dall’esigenza di avviare un programma di confronti con università di altri Paesi, allo scopo di preparare al meglio quello che sarà il corso di studi in Medicina in lingua inglese che l’Università Cattolica intende realizzare».
Cosa prevede il percorso di avvicinamento a questo obiettivo? È solo il primo di una serie di incontri che si iscriveranno in un progetto di collaborazione internazionale che è stato avviato qualche anno fa con la nostra partecipazione al test sviluppato dalla International Foundation of Medicine (Ifom), che ha l’ambizioso obiettivo di giungere a una sorta di passaporto mondiale del medico, una sorta di abilitazione unica. È un progetto che inizialmente è stato promosso dal National Board of Medical Examiners (Nbme), ente non governativo americano, che si occupa della valutazione della didattica negli Stati Uniti. Il progetto si è poi esteso a molti altri Paesi.
E la Cattolica? Noi ne abbiamo subito compreso l’importanza grazie anche all’impegno del professor Achille Cittadini, al tempo nostro presidente del consiglio di corso di laurea in Medicina. I vantaggi della nostra partecipazione al progetto, in cui abbiamo acquisito un ruolo sempre più attivo, derivano soprattutto dalla possibilità di confronto con la formazione medica di altri Paesi e, naturalmente, ci interessa molto il raffronto con quanto avviene negli Stati Uniti.
Come è organizzata la Medical School negli Stati Uniti? La didattica medica d’oltre oceano ha diverse caratteristiche distintive e tra queste spicca una straordinaria cultura della valutazione con una verifica obiettiva e indipendente della qualità della formazione medica nelle diverse università. Altre caratteristiche importanti sono la precoce introduzione di argomenti clinici nella formazione e l’orientamento molto pratico della formazione stessa.
Cosa è emerso dal percorso svolto finora? Negli incontri con i colleghi di Pittsburgh abbiamo ripercorso l’evoluzione della didattica medica negli Stati Uniti, confrontandola con le attuali esigenze di innovazione nel nostro Paese. Tra gli argomenti trattati vi sono stati, naturalmente, quelli relativi al nostro progetto di International Medical School, di cui abbiamo ipotizzato i criteri di ammissione, il possibile curriculum e le modalità didattiche e valutative.
Come proseguirà il progetto? Ci manterremo in contatto con i colleghi americani e ospiteremo nel mese di maggio del prossimo anno la riunione del comitato direttivo dell’Ifom. Sarà un’altra occasione molto importante per verificare con colleghi di molti altri Paesi la bontà del percorso che abbiamo intrapreso.