Riflettere su una realtà spesso celata agli occhi dei più, dimenticata perché non visibile. Questo l’obiettivo del seminario Genitori reclusi, genitori comunque, che si è tenuto in Cattolica a Piacenza il 10 dicembre, promosso dal Centro di servizi per il volontariato di Piacenza (Svep), in collaborazione con la facoltà di Scienze della formazione.
«Spesso i bambini ci perdonano molto e se ci giudicano lo fanno con la loro purezza ma, quell’inspiegabile tradimento, quell’assurda assenza, di certo li tocca sul vivo e in profondità. Offende la loro dignità, la fiducia, stravolge la personalità stessa, generando tristezza e un’enorme incertezza...». Queste le parole di Mario, carcerato, che campeggiano sull’invito al convegno e che hanno guidato simbolicamente questo incontro. Un incontro che ha rivelato a chi sta “fuori” molto di chi sta “dentro” il carcere.
Al centro della riflessione i bambini che devono convivere con la realtà di un genitore in carcere. E non si poteva non cominciare che da un dato: i due terzi dei carcerati reclusi alla Casa circondariale di Piacenza sono genitori. Da ottobre possono contare su uno “Spazio Giallo” e su una “Sala d’Attesa”, luoghi pensati appositamente per gli incontri con i loro figli. Aree interne al carcere, che diventano spazi di umanizzazione, dove la cura dell’ambiente, delle parole e, dunque, della relazione, assumono valore e importanza per chi li vive, ovvero il genitore carcerato ed il suo bambino.
Gli studenti di Scienze della formazione della sede di Piacenza, guidati dalla professoressa Elisabetta Musi, hanno partecipato allo sviluppo di questi spazi, attraverso periodi di tirocinio, dando il loro contributo come professionalità educativa e portando a casa esperienza, professionale e personale. Un contributo molto apprezzato, come ben si evince dalle parole di Valeria Viganò Parietti presidente dell’associazione Oltre il Muro: «Vado fiera e orgogliosa degli spazi che sono stati creati e ringrazio di cuore i volontari e i tirocinanti della Cattolica che si sono spesi per organizzare i momenti di festa, i tempi dei colloqui, confezionare i regali di Santa Lucia e Natale per i bimbi dei detenuti».
Ma l’esperienza degli studenti della Cattolica nel carcere non si è fermata qui: la professoressa Musi ha accompagnato periodicamente, in orario extra didattico, i propri studenti in carcere, alla redazione del periodico “Sosta forzata”, su cui gli studenti hanno auto modo di pubblicare testi narrativi sulle emozioni in carcere, dando vita e voce a ciò che osservavano e ai racconti dei detenuti.
Dopo i saluti del direttore della sede Mauro Balordi e dell’assessore al welfare del comune di Piacenza Giovanna Palladini, gli interventi si sono incentrati sulle testimonianze di chi ha sperimentato questi nuovi spazi di accoglienza genitori-bambino e sugli interventi di chi lavora a stretto contatto con il carcere: Raffaella Fontanesi direttore di Svep, Laura Formenti della Bicocca di Milano, Lia Sacerdote, presidente Bambini senza sbarre, la professoressa Musi, il garante Alberto Gromi, Stefania Mazza e Anna Paratici dell’ateneo piacentino.
Al termine della mattina molte le domande emerse a cui dare una risposta, ma anche una certezza: l’importanza dell’assunzione di responsabilità da parte dei principali sistemi educativi (amministrazioni pubbliche, scuola e università) per superare la stigmatizzazione stereotipata degli spazi di reclusione, in modo da creare generazioni non più indifferenti, ma piuttosto sensibilizzate a questa realtà, oltre il pregiudizio.