di Valerio Corradi *
La documentata analisi proposta dal CIRMiB - il Centro di iniziative e ricerche sulle Migrazioni a Brescia - fornisce chiare indicazioni su come l’immigrazione stia trasformando, gradualmente e a più livelli, la società bresciana.
La non trascurabile incidenza degli stranieri sulla popolazione complessiva (12,6%) e i molteplici risvolti della loro presenza suggeriscono che non si possa pensare al presente e al futuro del territorio bresciano senza misurarsi con le sfide poste dal fenomeno migratorio.
I molti argomenti affrontati sono riconducibili ad almeno due ordini di questioni: il grado di inclusione socio-lavorativa degli immigrati regolari e il livello di sostenibilità dell’accoglienza di richiedenti asilo/rifugiati. La prima questione si pone all’interno di un quadro locale segnato, in positivo, dal crescente radicamento a Brescia e provincia degli immigrati regolari. Oltre al dato sui “nuovi cittadini bresciani”, ne danno conferma: l’aumento degli stranieri proprietari di abitazione, il calo della mobilità territoriale verso altre province italiane, la crescita dei residenti da più di 10 anni, la prevalete motivazione famigliare rispetto a quella economica per i nuovi arrivi. A ciò si aggiungono i trend positivi dell’ultimo biennio sugli occupati a tempo indeterminato (+10%) e sul tasso di occupazione degli stranieri (+0,9%).
Si tratta di un’inclusione “silenziosa” nella quale la sfida è di far avanzare insieme la dimensione economica e sociale. Anche in presenza di situazioni non ottimali, la presenza di stranieri è comunque un fattore sempre più strutturale per l’economia e la società bresciana.
La seconda questione riguarda l’accoglienza di richiedenti asilo/rifugiati. Anche in Provincia di Brescia il flusso delle migrazioni forzate (<5% dei nuovi ingressi) è spesso temuto e considerato solo in termini problematici. Di fronte ad esso, le reazioni delle comunità locali e degli amministratori pubblici oscillano tra la tentazione della chiusura, la propensione alla delega e alcuni tentativi di proposta.
Una riprova è che circa il 10% dei posti complessivi di accoglienza è gestito tramite lo SPRAR (29 i comuni coinvolti), mentre la più ampia distribuzione dei richiedenti asilo/rifugiati è il risultato di interventi non organici attuati tramite i Centri di Accoglienza Straordinaria.
La coesistenza, nel quadro locale, di segnali positivi e di alcune criticità mostra l’incompiutezza dell’attuale modello bresciano d’integrazione. Per giungere a un modello compiuto e condiviso è necessario un ulteriore sforzo di tutti gli attori in gioco nel supportare percorsi di inclusione e di accoglienza che siano sensibili alle differenze e forniscano concrete opportunità per una crescita sociale sostenibile del territorio.
* Docente di Sociologia del territorio e Centro di Iniziative e di Ricerche sulle Migrazioni - CIRMiB