di Federica de Gregorio *
Quando metti piede in Sri Lanka ti accorgi subito che c’è qualcosa di diverso nell’aria, ma non ne sei consapevole, è solamente una sensazione che dura una frazione di secondo, non realizzi subito di essere dall’altra parte del mondo fin quando non scorgi lì, nel buio della sera, nel fiumiciattolo accanto a un ristorante all’aperto, un fiore di loto dai petali rosa, circondato da ninfee e illuminato solamente dai raggi di una luna quasi magica. È proprio questo lo Sri Lanka: un fiore nascosto nell’ombra di un mondo selvaggio e ancestrale, bellezza e delicatezza circondate da radici fluttuanti nella storia di questo Paese.
Quando si compiono i primi passi tra le sue strade si riesce a scorgere quasi subito il colore che caratterizza questa cultura, che caratterizza gli animi del suo popolo: è un’immersione completa in un mondo surreale, un brivido che ti percorre dentro, e ti percorre, e ti percorre ancora e ti avvolge totalmente catapultandoti in un vortice di emozioni. Camminando scorgi visi, sguardi, corpi che ti lasciano il segno per quanto sono profondi ed espressivi. Quegli sguardi penso che non li dimenticherò mai, così intensi, così vivi, così felici. La felicità: noi la rincorriamo costantemente senza mai raggiungerla. Tendiamo le nostre mani verso di lei e caparbi ricerchiamo ogni giorno di toccarla, proviamo a conferirle un significato, una giusta collocazione. In Sri Lanka la gente sa perfettamente cosa sia la felicità, l’ha fatta propria e ne fa il perno della propria vita, conferendo a ogni piccolo gesto un senso, gioendo per ciascuno di essi. È proprio questo che mi ha insegnato questo viaggio: a gioire per tutto ciò che la vita ti offre giorno per giorno: per un sorriso, per una tazza di tè, per un abbraccio, per un augurio, per un grazie.
Grazie: una parola che nel corso della mia vita ho sentito pronunciare centinaia e centinaia di volte ma che ha perso man mano il suo reale significato, dissolta nell’acqua della cortesia e della buona educazione. In Sri Lanka un grazie può valere come mille parole, mille abbracci, è una parola sentita e il suo suono è quello dell’anima di chi ti sta di fronte. Un giorno una bambina Tamil mi “fece la cortesia” di pronunciarmela ringraziandomi del lavoro di volontariato che stavamo facendo con tutte loro, mi guardò negli occhi e mi disse: «Grazie». È uno sguardo che non si dimentica: con quello mi donò tutta se stessa per quanto le fosse possibile.
Un altro termine che caratterizza la gente di questo Paese è “fede”: impregna le vite e i trascorsi di ogni singolo individuo, mostrando una religiosità mai vista prima, così sentita e vissuta, ma soprattutto così semplice e senza pretese, da lasciarti quel nodo alla gola che ti impedisce di esprimere a parole così forti emozioni.
Lo Sri Lanka è anche avventura e scoperta. Questo Paese è capace di far venir fuori il lato selvaggio e adattivo di ogni uomo. Ti sprona e ti mette costantemente alla prova sulle tue paure, sui tuoi stereotipi, sulle tue insicurezze, ti prende e ti gira e rigira come un calzino, ti stringe, ti comprime, ti strapazza e alla fine ti stende e ti ritrovi lì, disarmato e inerme di fronte a scenari che ti avvolgono senza poterci fare nulla. Puoi solamente accoglierli e farli tuoi: non li puoi capire, non li puoi immortalare, puoi solo viverli cercando di prendere tutto ciò che c’è da prendere perché ti segneranno e ti renderanno una persona diversa, la persona che oggi sono diventata.
* 24 anni, di Foggia, secondo anno laurea magistrale in “Psicologia dello Sviluppo e della comunicazione” profilo in: Psicologia dei processi di sviluppo e tutela dell’infanzia, collegio Marianum, sede di Milano