I bambini italiani, pur se gravati come i loro genitori da molti chili di troppo, da sedentarietà e da pessime abitudini a tavola, riescono ancora a cavarsela e le loro condizioni di salute sono complessivamente buone, anche grazie a una rete di protezione familiare che è una tipica tradizione “made in Italy” e che spesso supplisce alle reti di servizi sociali ancora carenti e disomogenee lungo lo Stivale. Ma l’Italia rischia di rimanere un Paese di “nonni senza nipoti”, tanto sono bassi natalità e ricambio generazionale. Basti pensare che dal 1871 al 2009 la natalità si è quasi dimezzata (-74,25%) e attualmente si assesta al 9,5‰, cioè nascono 9,5 bebè ogni 1000 abitanti, contro, solo per fare qualche esempio, 12,8‰ della Francia, 10,8‰ della Spagna, 12‰ della Svezia e 12,8‰ del Regno Unito.
«E, sebbene la salute complessiva dei nostri bambini resti buona, a preoccupare è la profonda disomogeneità dei servizi assistenziali nelle diverse regioni – afferma il professor Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica -; ciò significa che le opportunità di salute non sono le stesse per tutti i bambini italiani o, in altri termini, essere bambino nel Sud d’Italia non è egualmente facile che esserlo nel Nord-Est del Paese. Disomogenea appare pure l’assistenza ospedaliera in pediatria - aggiunge il professor Ricciardi - c’è necessità di fare una idonea programmazione degli interventi assistenziali e di creare un filtro che parta dal pediatra, per indirizzare al meglio il bambino verso il percorso assistenziale che più risponde ai suoi bisogni, evitando ad esempio ospedalizzazioni inutili».
Fortunatamente oggi i bimbi italiani possono ancora fare affidamento su una fitta rete di pediatri territoriali (il numero di Pediatri di libera scelta a livello nazionale nel periodo 2001-2008 è aumentato del 6,3%, passando da 7.199 a 7.649); ma non è remoto il rischio che, già a partire dal 2015, i pediatri disponibili per l’assistenza primaria ai bimbi italiani diminuiranno in modo drastico in quanto una grande quota di questi andrà in pensione e, poiché l’accesso alle scuole di specializzazione prevede il numero chiuso, non sarà possibile assicurare il turn over. In altri termini, non ci sarà numero sufficiente di nuovi specialisti pediatri che possano sostituire quelli che andranno in pensione; infatti, nonostante la domanda per entrare nelle scuole di specializzazione di pediatria sia sempre molto alta, il numero dei posti è ridotto e negli anni passati (a eccezione del 2011) non si è fatta una programmazione attenta pensando al futuro e quindi a questa possibile evenienza. Stando ai risultati di una recente indagine della Società Italiana di Pediatria, la progressiva riduzione di pediatri, già in atto dal 2010, porterà dagli attuali 15 mila professionisti ai 12 mila nel 2020, che scenderanno a quota 8000 nel 2025.
«Le misure di protezione sociale per la famiglia in Italia - prosegue Ricciardi - sono residuali rispetto alle altre spese per il welfare: questo non è un driver di sviluppo del Paese e della sostenibilità per il futuro. L’Italia non è un Paese a misura di bambino: tutte le politiche del welfare non sono orientate ai bisogni dell’infanzia e non incentivano le giovani coppie a mettere su famiglia». Basti prendere il dato Istat del 2010: la spesa per la protezione sociale sostenuta è pari al 29,9% del Pil. Alla previdenza vengono destinati i 2/3 della spesa (66,4%), alla sanità 1/4 (25,6%), ma per le politiche per la famiglia si spende solo un ventesimo (4,7% - in Francia lo stanziamento è doppio), e solo lo 0,3% del Pil è utilizzato per contrastare l’esclusione sociale e la povertà e favorire le politiche per gli alloggi (il 4,2% in Francia). Ciò spiega anche l’inversione di tendenza che vi è stata negli ultimi dieci anni, con regioni in passato ad alta natalità, quelle del Sud, divenute tra le meno prolifiche, e quelle dove vi sono più servizi per i giovani e le famiglie, ad esempio la Provincia Autonoma di Bolzano, passate da bassi ad alti tassi di natalità.
È questo il quadro, non del tutto roseo, che emerge dal primo “Libro Bianco 2011. La salute dei bambini”, un'approfondita analisi dello stato di salute della popolazione pediatrica italiana fino a 18 anni di età, e della qualità dell'assistenza sanitaria nelle Regioni italiane ricevuta da questa importante fetta di popolazione, che rappresenta il futuro del Belpaese. Pubblicato dall'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, che ha sede presso la sede di Roma dell'Università Cattolica, in collaborazione con la Società italiana di Pediatria (Sip), presieduta dal professor Alberto Ugazio e coordinato dal professorWalter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igienedella facoltà di Medicina e Chirurgia, il Libro Bianco è stato presentato il 30 gennaio all'Università Cattolica.
«Tra gli elementi più importanti per traghettare l’Italia verso un futuro meno problematico vi sono non solo gli interventi per stimolare la crescita economica, ma anche quelli per favorire la crescita demografica del Paese e quindi la natalità e le famiglie - afferma il professor Ricciardi -. Mai in nessun altro Paese del mondo si è avuto, come in Italia, un tale abbassamento dei tassi di fecondità e natalità in così breve tempo e questo fenomeno è stato sicuramente aggravato dalla continua, dal secondo dopoguerra in poi, carenza di politiche a supporto della famiglia, indipendentemente dal colore e dall’orientamento dei governi in carica, contrariamente a quanto avvenuto sia nei piccoli che nei grandi Paesi europei, come Francia e Germania. Questo Libro Bianco è il primo tentativo per riportare all’attenzione dei decisori, sia nazionali che regionali, la popolazione pediatrica e verrà presto seguito da un Libro Verde di proposte operative per superare l’attuale impasse».
«Il Libro Bianco mette in evidenza non pochi elementi di criticità - afferma il professor Ugazio -: la contrazione della spesa sociale per la maternità e la famiglia, sia a livello nazionale che locale, è forse uno dei più preoccupanti insieme a quello della denatalità e ai numerosi problemi che continuano a rendere non equa e scarsamente efficace l’assistenza socio-sanitaria ai bambini migranti”. “Occorre riportare il bambino e l’adolescente al centro delle scelte sociali e politiche del Paese - continua Ugazio -. Il Libro bianco richiama tutti noi Pediatri al nostro ruolo centrale, alla stessa “mission” del nostro impegno professionale: garantire ai bambini e agli adolescenti la salute globale, cui hanno diritto, giocando un ruolo sempre più attivo non soltanto in ospedale e negli ambulatori, ma come protagonisti attivi delle scelte sociali, che sono indispensabili per garantire ai bambini e agli adolescenti la qualità di vita - fisica, psichica e sociale - cui hanno diritto».
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