L’analisi del tessuto tumorale dei pazienti affetti da glioblastoma multiforme, il più maligno dei tumori cerebrali, ha permesso ai ricercatori italiani coordinati da Ruggero De Maria, direttore del dipartimento di Ematologia, oncologia e medicina molecolare dell’Istituto superiore di sanità (Iss), di scoprire il meccanismo con cui agiscono le cellule staminali tumorali. La ricerca, pubblicata domenica 21 novembre su “Nature”, nasce dalla collaborazione tra l’Istituto superiore di sanità, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, la Fondazione Irccs Carlo Besta di Milano e l’Università di Palermo. La scoperta è stata effettuata attraverso l’analisi di tessuti tumorali provenienti da oltre 40 pazienti affetti da glioblastoma sottoposti a intervento chirurgico dall’équipe di Giulio Maira, docente di Neurochirurgia all’Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma. Grazie a una tecnologia messa a punto presso la Fondazione Besta è stato possibile ricreare in laboratorio i vasi sanguigni tumorali, che sono stati analizzati e confrontati con quelli normali per comprenderne le caratteristiche e i possibili bersagli terapeutici.
«L’angiogenesi, cioè la capacità di stimolare la formazione di nuovi vasi sanguigni – commenta il neurochirurgo della Cattolica Giulio Maira - è una caratteristica tipica dei tumori maligni ed è un elemento essenziale per la crescita del glioblastoma multiforme, il più maligno e purtroppo il più frequente tra i tumori cerebrali. Ricerche recenti hanno ipotizzato che una popolazione di cellule staminali neurali aberranti è responsabile dello sviluppo di questo tumore. Il nostro studio ha dimostrato che le cellule staminali del glioblastoma sono in grado di costruire la rete di vasi sanguigni necessari per alimentare e far crescere il tumore, fornendo informazioni rilevanti sul meccanismo con cui i tumori progrediscono».
Nuovi scenari terapeutici quindi si aprono per la cura di molti tumori: «L’abilità di queste cellule nel contribuire direttamente alla vascolarizzazione del tumore rappresenta un nuovo meccanismo di angiogenesi e non necessariamente limitato al glioblastoma e che può rappresentare un importante approccio terapeutico per diversi tipi di tumore - spiega Enrico Garaci, presidente dell’Iss -. Allo studio delle alterazioni delle cellule staminali lavoriamo da anni e questa pubblicazione ci conferma l’esistenza delle cellule staminali tumorali su cui da tempo la comunità scientifica discute. Questa ricerca - aggiunge Garaci - mette un punto su quello che potrà essere un cardine importante da cui ripartire per ripensare le strategie terapeutiche future della lotta contro il cancro».
La ricerca, finanziata dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, ha svelato che le cellule staminali dei tumori hanno delle capacità finora insospettabili che rivoluzioneranno la biologia dei tumori, spiega Ruggero De Maria, direttore del dipartimento di ematologia e oncologia molecolare dell’Iss: «Abbiamo esaminato i tessuti di circa quaranta pazienti ammalati di glioblastoma multiforme, uno dei tumori più aggressivi, per il quale non esistono terapie efficaci, e abbiamo potuto osservare come le sue cellule staminali siano in grado di far crescere il tumore, generando direttamente dei nuovi vasi sanguigni. Questi nuovi vasi nutrono il tumore e gli permettono di crescere e invadere il cervello. Si tratta di una osservazione molto importante - aggiunge il ricercatore - perché questo studio, in particolare, ha mostrato come la maggioranza dei vasi sanguigni del tumore sia costituita da cellule staminali tumorali trasformate in cellule endoteliali, cioè nelle cellule che normalmente sono deputate alla formazione dei vasi del sangue necessari a portare ossigeno e sostanze nutritive al nostro organismo».
Uno scenario, quello aperto da questa ricerca, che conforta i clinici: Roberto Pallini, ricercatore dell’istituto di Neurochirurgia dell’Università Cattolica di Roma, e coordinatore dello studio assieme al dottor De Maria, afferma che «la scoperta che le cellule staminali tumorali danno origine ai vasi sanguigni dei glioblastomi può avere notevoli implicazioni terapeutiche in quanto l’individuazione di farmaci in grado di bloccare questo processo potrebbe costituire una terapia efficace per la cura di questi terribili tumori». Risultati positivi in tal senso sono già stati osservati da noi in modelli sperimentali di glioblastomi. Il dottor Pallini e il professor Luigi Maria Larocca, anatomo-patologo dell’Università Cattolica, già da alcuni anni studiavano le cellule dei vasi sanguigni del glioblastoma e avevano dimostrato che esse presentavano caratteristiche atipiche che le distinguevano nettamente dalle cellule dei vasi cerebrali normali. A partire da queste osservazioni, con uno studio durato più di 3 anni e grazie all’importante collaborazione con il dottor De Maria, si è giunti alla attuale pubblicazione su Nature.
Tra l’Istituto di Neurochirurgia dell’Università Cattolica e l’Istituto Superiore di Sanità è in atto una stretta e proficua collaborazione scientifica per lo studio dei tumori cerebrali, che ha portato alla creazione di una banca delle cellule staminali del glioblastoma, indispensabile per analisi biomolecolari su larga scala. Il passo successivo, infatti, sono i futuri target terapeutici per i quali sono già al lavoro anche i ricercatori del Besta. «Proprio per individuare i bersagli terapeutici suggeriti da questa importante acquisizione - spiega Eugenio Parati, direttore del laboratorio di Neurobiologia cellulare della Fondazione Besta di Milano - stiamo cercando di definire con precisione i meccanismi molecolari coinvolti nella produzione dei vasi da parte delle cellule staminali tumorali».