di Raul Caruso *

 

Molti osservatori a livello mondiale stanno già affermando che la presidenza Biden sarà debole e di transizione. È chiaro che gli elementi a favore di questa interpretazione sono diversi. Un numero elevato di cittadini avrebbe votato contro Trump, rigettandone in toto la sua visione dell’America e del mondo, e non necessariamente a favore di Biden. Lo stesso Biden, pur essendo un politico di lungo corso, sia per età sia per aver servito da vicepresidente sotto il carismatico Barack Obama, non appariva un candidato in grado di entusiasmare l’elettorato più giovane e delle minoranze.

Invero, l’interpretazione di questi risultati e la previsione di ciò che sarà richiede anche la considerazione di altri aspetti interni alla democrazia americana. Tutti infatti abbiamo guardato alla figura dei candidati alla presidenza ma per un’analisi più compiuta non possiamo non guardare anche ai risultati delle elezioni per il Congresso. Sarà stata la quasi-vittoria di O’Rouke in Texas solo due anni fa, ma l’impressione è che nonostante la candidatura apparentemente debole di Biden, i democratici abbiano riportato con vigore in molte regioni del Paese il dibattito politico su temi e valori quali l’integrazione, i diritti umani e civili.

Su questi temi le novità da segnalare sulla sponda democratica non sono poche. I media europei hanno parlato diffusamente della designazione di Kamala Harris al ruolo di vicepresidente e dell’elezione di Alexandria Ocasio-Cortez, ma è possibile menzionare altri casi meno noti come ad esempio quello di Cori Bush, prima donna afroamericana eletta nel Missouri in seguito a una militanza nel movimento ‘Black Lives Matter’ fin dal 2014, o a quello dei parlamentari nativi americani eletti tra cui donne come Deb Haaland e Yvette Herrell nel New Mexico. La lista di esempi in questo senso potrebbe continuare. Al di là degli esempi personali, un rinnovato impegno per i diritti civili e la democrazia sembra aver dato i suoi frutti. Tra gli stati contestati per un pugno di voti, si pensi che in Georgia negli ultimi anni si sono iscritti alle liste elettorali più di 60.000 afroamericani grazie a un comitato civico denominato The New Georgia Project. Il paese lacerato dall’amministrazione Trump sembra aver ritrovato nuovi stimoli in merito alla propria identità democratica.


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* Docente di Economia della pace presso la Facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere dell’Università Cattolica