In Italia si vive più a lungo a seconda del luogo di residenza o del livello d’istruzione: hanno una speranza di vita più bassa le persone che nascono al Sud, in particolare in Campania, o che non raggiungono la laurea. Inoltre chi ha un titolo di studio basso ha anche peggiori condizioni di salute. Queste disuguaglianze sono acuite dalle difficoltà di accesso ai servizi sanitari che penalizzano la popolazione di livello sociale più basso con un impatto significativo sulla capacità di prevenire o di diagnosticare rapidamente le patologie.  Insomma il Servizio sanitario nazionale assicura la longevità degli italiani, ma non l’equità sociale e territoriale. È quanto denuncia l’Osservatorio Nazionale della Salute nelle  Regioni Italiane, progetto nato e che ha sede a Roma presso l’Università Cattolica, ideato dal professor Walter Ricciardi, con un focus dedicato alle disuguaglianze  di salute in Italia, offrendo un contributo al dibattito sui temi dell’equità della salute con alcune riflessioni e proposte.

“Il Servizio sanitario nazionale oltre che tutelare la salute, nasce con l’obiettivo di superare gli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del Paese. Ma su questo fronte i dati testimoniano il sostanziale fallimento delle politiche. Troppe e troppo marcate le differenze regionali e sociali, sia per quanto riguarda l’aspettativa di vita sia per la presenza di malattie croniche”, considera Alessandro Solipaca, Direttore Scientifico dell’Osservatorio. 

Per approfondimenti: www.osservatoriosullasalute.it