«Sono disposta a leggere anche libri brutti, pur di vedere come vanno a finire». Appassionata di storie, da leggere e da raccontare, Daria Bignardi ha svelato agli studenti del corso di Scrittura creativa dell’Università Cattolica di Milano la sua di storia, quella di una bambina che sognava di diventare scrittrice e che, una volta adulta, si è avvicinata al mondo dei libri con timidezza e timore reverenziale. L’autrice del bestseller di Mondadori Un Karma pesante (2010), «lettrice vorace ma di bocca buona», come lei stessa si è definita, è stata ospite il 16 dicembre della lezione di presentazione del corso diretto da Ermanno Paccagnini e Giuseppe Farinelli e ideato da Maria Luisa Chiara, per spiegare ai ragazzi che nessuno può iniziare a sentirsi scrittore se prima di tutto non è un ottimo lettore e che «a scrivere si può imparare». Contro il mito della scrittura ispirata e spontanea, frutto di un rapimento estemporaneo che non ha bisogno di rielaborazioni successive, la scrittrice ha invece sostenuto la necessità di costruire, poco alla volta, con necessari rifacimenti e riscritture, il proprio tessuto narrativo.
Perché la scrittura è un mestiere faticosissimo, che assorbe tutte le energie, ma è anche un privilegio per chi riesce a dedicarcisi a tempo pieno scegliendo di vivere per mesi con i suoi personaggi, cui ci si affeziona, con cui talvolta persino ci si arrabbia «perché prendono delle strade che non ci aspettiamo e che sfuggono al nostro controllo». La scrittura, come ha spiegato rispondendo a Giuliana Grimaldi, coordinatrice del corso che ha sollecitato l’autrice soprattutto su aspetti tecnici, è un gran lavoro di perfezionismo - «Avrò riscritto ogni capitolo almeno una quarantina di volte» - ma è soprattutto un lavoro fatto di collaborazione e feeling con il proprio editor.
«La scelta di pubblicare con Mondadori», ha rivelato Daria Bignardi, «è stata determinata dalla presenza di Antonio Franchini, che aveva la fama di essere un giudice severissimo e quindi quanto mai sincero. Ogni scrittore desidera avere un lettore competente e schietto, che gli dica con chiarezza se la sua storia può funzionare oppure no e che, come ha fatto Franchini, riesca a vedere i punti di forza e quelli su cui invece è necessario lavorare ancora». Anche al celebre editor va dunque il merito del grande successo del secondo romanzo della Bignardi, che è quindi stato all’altezza della fortuna del primo, Non vi lascerò orfani (Mondadori 2009), vincitore di numerosi premi, tra i quali il prestigioso "Premio Rapallo Carige" per la donna scrittrice. Una vera impresa, come ha sottolineato Ermanno Paccagnini, perché il passaggio dal primo romanzo – soprattutto se di grande successo – al secondo è un momento davvero delicato per lo scrittore, ancor più in un caso come questo in cui si cambia addirittura genere e si passa dal memoire, dalla rievocazione autobiografica, alla finzione narrativa vera e propria con personaggi nuovi e inventati. «È partito tutto da un’immagine – conclude la Bignardi - e dal desiderio di raccontare cosa significa avere un approccio alla vita complicato, avere, come dicono a Milano, un Karma pesante. Il bello è però, che, quando scrivi, succede una cosa che nella vita non succede mai: alla fine tutto torna, tutto quadra perfettamente, senza che tu lo abbia nemmeno previsto».