C’è finalmente una soluzione per salvare il «mare di giada» dal water Hyacinth? Nel lago Turkana, nel Nord Ovest del Kenya, questa alga infestante sta mettendo a rischio sia il paesaggio che la salute degli abitanti del posto. Basta trasformare il problema in un’opportunità. In che modo? Lavorare l’alga con letame e altri elementi organici e farla diventare un fertilizzante per le colture. Questa è l’idea su cui si basa il business plan del kenyota Darius Njenga Waithaka, uno dei 38 partecipanti – quasi tutti africani, provenienti da ben 13 Paesi del continente, dall’Etiopia alla Nigeria, dallo Zambia all’Algeria, con una prevalenza di studenti dell’Africa Orientale (in particolare da Kenya e Uganda) – alla prima edizione dell’Mba in Social Entrepreneurship and Management (Sem), promosso dell’Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica (Altis), che si è conclusa lo scorso dicembre con la consegna dei diplomi.
Joseph Nkandu, ugandese, ha presentato un progetto per la produzione del caffè che è stato giudicato il migliore nell’evento conclusivo del master, la Business Plan Competition, e lo ha portato a classificarsi al terzo posto della Italian Round della Global Social Venture Competition, organizzata dall’Università di Berkeley, di cui l’Altis è capofila per il nostro Paese. In breve il business plan ha analizzato tutta la filiera produttiva del caffè, dalla pianta al prodotto finito, ha preso in considerazione costi e investimenti necessari, e ha evidenziato anche le ricadute positive che un’impresa del genere avrebbe sulla comunità. Soprattutto in vista del miglioramento del livello di organizzazione degli agricoltori, della creazione di nuovi posti di lavoro, del un controllo sulla qualità e la sicurezza alimentare, per fare, come recita la presentazione del progetto, «un passo avanti per costruire un futuro migliore per i nostri bambini».
Le idee imprenditoriali presentate dai partecipanti al master, volte a conciliare il ritorno economico con la sostenibilità sociale e ambientale, coprono diverse aree: oltre all’accesso all’educazione e alla salute, alla microfinanza e al commercio, anche l’agri-business, ambito tra i più rilevanti in Africa. C’è chi, come Sara Angela Beretta, uno dei tre italiani che hanno partecipato alla prima edizione del master, ha immaginato la possibilità di mettere in comunicazione e di far collaborare i moltissimi sarti che confezionano vestiti nelle baracche con i manager dei centri commerciali, attraverso un progetto che, con formazione e tecnologie adeguate, potrebbe far diventare gli uni fornitori degli altri.
Quella che altrove è una priorità, in Africa, dove lo sviluppo è un percorso tutto in salita, diventa un problema urgente, ed è proprio per questo che il master di Altis ha avuto un successo tale da rendere naturale la prosecuzione dell’esperienza: l’Mba Global Business and Sustainability-Social Entrepreneurship Track – II edition, inizierà a fine aprile e l’application form disponibile online (www.unicatt.it/sem-admissions) è da compilare entro il 16 marzo o, per chi risiede in Kenya, entro il 31 marzo. L’Mba, che è diretto dal professor Mario Molteni e si avvale di una faculty internazionale, si tiene nuovamente in Kenya, a Nairobi presso il Tanzaga College (Catholic University of Eastern Africa) ed è dedicato a formare una nuova classe di giovani imprenditori che siano in grado di guidare, con progetti innovativi, lo sviluppo del loro Paese. Si tratta infatti del primo master che un’università italiana realizza in terra africana e che propone ai partecipanti un percorso interamente finalizzato all’ideazione di un business plan presentato poi a potenziali investitori.
Ma l’avventura di questi giovani non si conclude con la fine dei corsi e con la premiazione del miglior progetto: per non perdere il contatto con gli studenti e per seguire da vicino lo sviluppo delle loro imprese, è stato già creato da Altis e da Tangaza College “The Altis Alumni Association of Professional Social Entrepreneurs in Africa” (Tapsea), un network che fornisce assistenza e servizi agli studenti nella delicata fase di start-up, oltre a metterli in rete tra di loro. «Al momento - spiega Stefano Guidotti, project manager dell’Mba - siamo impegnati a raccogliere e registrare tutte le problematiche che i giovani imprenditori incontrano nella fase iniziale, tra cui la difficoltà a reperire fornitori o a trovare finanziatori. Il passo successivo sarà trovare per ognuno di questi problemi una risposta efficace». Nel successo di questi giovani e coraggiosi imprenditori, dunque, sta il successo dell’Africa intera.