Inchiesta, ma anche reportage e documentario: sono questi i linguaggi finiti sotto la lente di sei grandi nomi del panorama giornalistico e televisivo nel corso della quarta edizione della Winter school in Giornalismo televisivo d’inchiesta. Dal 13 al 16 febbraio, nelle aule del master Almed in Giornalismo dell’Università Cattolica di Milano, i 20 studenti del secondo anno insieme a una trentina di corsisti esterni, anche loro giornalisti, hanno “messo a nudo” i lavori più importanti di Sabrina Giannini (Report), Claudio Canepari (Magnolia), Francesca Barzini (Presa diretta), Giorgio Fornoni (Report), Udo Guempel (corrispondente in Italia della tedesca Ntv) e di Erik Gandini, documentarista italo-svedese che ha firmato, tra l’altro, Videocracy.
Il ciclo di incontri è partito proprio con una full immersion nell’inchiesta televisiva “pura” di Sabrina Giannini, che per tutta la giornata del 13 febbraio ha alternato l’analisi dei suoi lavori più importanti alle domande dell’aula, sottolineando l’importanza della ricerca e documentazione, dell’organizzazione del lavoro necessario a costruire, girare e montare un’inchiesta televisiva lunga e dei rischi di questo particolare genere giornalistico. Alla base della modalità formativa della Winter school, infatti, c’è una modalità interattiva tra il giornalista-docente e gli studenti, che possono intervenire in ogni momento per avere dettagli sulle modalità tecniche e operative utilizzate per l’inchiesta o il documentario.
Il 14 febbraio è stata la volta di due linguaggi in parte differenti: quello del documentario e della denuncia giornalistica. Ad analizzare il primo da un punto di vista non soltanto giornalistico è stato Canepari, produttore tra l’altro di “Bianca neve”, documentario sulla cocaina per Fox Channels Italy, e di “Scacco al re”, film documentario sulla cattura di Bernardo Provenzano trasmesso da Rai 3. Cura cinematografica dell’immagine, ricostruzione in studio alternata a immagini originali e deontologia sono state al centro del dibattito innescato in particolare del lavoro sul criminale siciliano. Francesca Barzini ha invece accompagnato gli studenti nella lettura di alcune delle principali denunce realizzate da Presa Diretta, spiegando in particolare il lavoro di preparazione dal suo punto di vista di caporedattore.
Con Giorgio Fornoni e Udo Guempel il focus si è spostato all’estero. Fornoni, mostrando alcuni passaggi dei suoi lavori sulle questioni sociali in Africa, Europa e America Latina, ha evidenziato, quanto la qualifica di giornalista sia di per sé un passe-partout a livello internazionale solo se accompagnata da una profonda preparazione e da una rete consolidata di contatti. I suoi lavori sono stati trasmessi da Report, programma con cui Fornoni collabora, e hanno riscosso grande successo nonostante lui, commercialista, non abbia una formazione giornalistica e si dedichi all’inchiesta per sua personale passione e necessità di documentare.
Udo Guempel ha invece alimentato la riflessione sulla grammatica del documentario, proponendo un’acuta riflessione sull’utilizzo dell’intervista in presa diretta, le inquadrature per le immagini di copertura e, ovviamente, la documentazione e la preparazione. Per Zdf, la televisione pubblica tedesca, Guempel ha realizzato un’inchiesta sulla strage di Sant’Anna di Stazzema che ha portato all’arresto di due dei principali colpevoli, ex membri delle SS rintracciati dallo stesso Guempel. In filigrana, il corrispondente di Ntv ha messo a paragone il linguaggio e lo stile della televisione tedesca e di quella italiana.
Il ciclo di incontri si è chiuso con una full immersion nei lavori e nelle modalità operative del documentarista Gandini, che ha esordito raccontando del suo inizio, a 25 anni, quando con un’amica volò a Sarajevo per documentarne l’assedio. Videocracy, forse il suo lavoro più famoso in Italia, non è stato l’unico documentario al centro dell’attenzione: il contributo di Gandini, infatti, si è concentrato anche su altri suoi lavori (in particolare Gitmo, che racconta la storia di un prigioniero svedese a Guantanamo) e su quelli di altri documentaristi internazionali, tra cui Errol Morris e Michael Moore.