Sarà a causa della permanenza forzata a casa, con maggior tempo a disposizione, o un modo per contenere la paura e lo stress, ma è un dato di fatto che le comunicazioni tramite social in queste settimane si sono moltiplicate in modo esponenziale. Tutti, anche per occupare i tempi più liberi dagli spostamenti, si sentono in dovere di girare ai propri contatti ogni tipo di informazione circa il Covid-19, ogni precauzione, ogni dichiarazione di luminare o di semplice operatore sanitario di cui la rete e invasa.
E con le notizie più o meno tecniche e più o meno fondate circolano anche tante vignette, sfottò e video ironici. Maggior tempo libero e desiderio di esorcizzare il pericolo offrono l’occasione per un sorriso, talvolta sarcastico, sull’emergenza sanitaria che tutto il mondo sta vivendo. «Nell’ambito di tali contenuti virali il registro dell’ironia, come tratto tipico della comunicazione sui social, rende un contenuto più facilmente condivisibile». Lo afferma Mariagrazia Fanchi, direttrice dell’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo (Almed), secondo la quale il flusso del contenuto ironico da due anni a questa parte si è spostato dai grandi social come Facebook e Instagram (meno Twitter), sui gruppi Whatsapp.
Mentre Facebook comunica tutto a tutti, nella comunità della chat diventa possibile utilizzare registri diversi e si possono condividere contenuti per sdrammatizzare. «Nell’ambito del gruppo più o meno istituzionale, come può essere quello dei genitori di una classe scolastica, si attua ciò che in letteratura viene chiamato il ‘principio di affinità’ per cui i contenuti dei messaggi sono legati alle caratteristiche del gruppo, ai rapporti di intimità o di prossimità, con riferimento ad esperienze comuni e a storie pregresse diffuse dal gruppo. Insomma viene fatta circolare una comicità adeguata a quel determinato gruppo, secondo lo spirito dei cinepanettoni, con richiami ironici a fatti di attualità dei mesi precedenti o a personaggi della vita pubblica», dichiara la professoressa Fanchi. In questo periodo, ad esempio, è molto diffusa la comicità legata allo smart working, sottolineando con ironia le difficoltà legate alla convivenza forzata in casa e al mescolamento tra attività lavorativa e ordinarie incombenze quotidiane della vita casalinga.
Se è vero che l’ironia fa parte della nostra vita, una impostazione quasi filosofica all’attuale comicità dei social la dà Ruggero Eugeni, docente di Semiotica dei media alla facoltà di Lettere e filosofia dell’Ateneo, secondo cui «gli atteggiamenti per alleviare i periodi di emergenza sono polarizzati sui tre macro generi aristotelici: etica, tragedia e commedia. L’etica riguarda gli operatori sanitari, la tragedia la morte dei malati, la commedia si esprime con vari registri. Il primo meccanismo semiotico riguarda la parodia che attacca gli altri, in questo caso gli stranieri che ci hanno preso in giro, risvegliando il nostro orgoglio nazionale. L’ironia sta unificando l’Italia, contro altri Paesi che ci hanno trattato male. Poi c’è una ironia che possiamo definire ‘casalinga’, tipo la Sampdoria che dona calciatori allo Spallanzani o la statua della Madonna di Codogno che piange amuchina», una ironia più disincantata, talvolta anche greve.
«Notiamo che oggi figure autorevoli come Borrelli e gli infettivologi non vengono presi di mira, l’autorevolezza non deve essere demolita. L’ironia serve a farci sorridere, così la satira politica è spenta, perché è divisoria, e risulta depotenziato l’aspetto più cinico», chiosa il professor Eugeni. La situazione è grave e non c’è voglia di ridere, ma a volte un sorriso può aiutare a sperare e può incoraggiare coloro che ci sono accanto.