Dike, la Giustizia, figlia degli dei, dovrà coincidere con Nomos, la legge che regola i casi umani? In pratica la Giustizia trascende i fatti quotidiani oppure deve implicarsi col potere e le sue leggi? Su questo eterno interrogativo che riguarda la nostra civiltà e sul rapporto tra giustizia e legge il 4 dicembre si sono confrontati Massimo Cacciari e Natalino Irti, intervenuti a commentare il saggio “Elogio del diritto” del classicista tedesco Werner Jaeger, scomparso nel 1961, il quale ricostruisce in 36 pagine la nascita dell’idea di diritto nell’antica Grecia. Tale saggio, apparso all’indomani della seconda Guerra mondiale, è ora ripubblicato per i tipi de La nave di Teseo.
I due studiosi, nei loro contributi, hanno portato il loro vissuto esperienziale e accademico nell’impostare un dibattito dai caratteri filosofici e giuridici. Massimo Cacciari, infatti, insieme all’esperienza di filosofo e di docente universitario, è stato uomo politico e sindaco di Venezia. Natalino Irti, all’esperienza accademica di professore di diritto civile e socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, ha unito l’attività pratica svolta nelle vesti sia di avvocato sia di presidente del Credito Italiano e di altri incarichi ricoperti in imprese di stato.
Nell’introdurre il dibattito, il rettore Franco Anelli ha richiamato l’attenzione sull’elogio che la letteratura fa del diritto. Si è poi soffermato sulla “Giustizia del cuore docile” di Salomone, il saggio che decide il caso controverso, la giustizia che va insieme allo scettro, amministrata da un sovrano saggio, passando da una tutela astratta a un preciso atto di volontà, da una giustizia come astrattezza tecnica, tipica dei sofisti, a una applicazione virtuosa della norma, confermando come tra essere e dover essere ci sia un abisso.
Il diritto, come tecnica guidata dalla logica, con i principi di fede e di ragione dà un senso alle regole. I valori culturali, in pratica, offrono chances ai fenomeni giuridici, consentendo di recuperare il ruolo dell’individuo.
A queste considerazioni ha fatto eco l’intervento del professor Michele Lenoci. Secondo lo storico della filosofia dell’Ateneo la legge rappresenta una trascendenza che rischia di avere difficoltà a fare i conti con la quotidianità, presentando la convivenza civile “tra contesa nella giustizia o giustizia nella contesa”.
Nel suo intervento Cacciari ha ripreso il concetto della politica come arte e della giustizia che se non si incarna in una norma è come un fantasma, non produce effetto o soluzioni.
Da parte sua, Natalino Irti ha passato in rassegna i temi del diritto: «Il codice è la perennità dell’approssimazione. Per assenza di unità e interezza non ci sentiamo in un cosmo unitario ma dispersi in una ossessiva molteplicità delle norme». Per questo la giustizia deve trovare il modo di tradursi nella concretezza di misure effettive. La legge non può reggersi esclusivamente su un’imperatività priva di passioni.
Di qui l’importanza di un rapporto sinergico tra giustizia e legge, principi e norme chiare e di pratica attuazione per non perdere di vista la contingenza della quotidianità e delle soluzioni alle questioni ordinarie del vivere comune.