Nei romanzi di Jane Austen la musica risuona diffusamente e punteggia le esperienze dei singoli e delle comunità, scandendone i tempi e organizzandone gli spazi. Le celebrate eroine della scrittrice inglese (1775-1817) - che fu tra i maggiori protagonisti dell’invenzione narrativa tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo e della quale ricorre quest’anno il bicentenario della morte - annoverano la conoscenza dell’arte dei suoni tra le virtù di un’educazione compiuta e socialmente riconosciuta, come si legge in Pride and Prejudice (1813): “A woman must have a thorough knowledge of music, singing, drawing, dancing, and the modern languages, to deserve the word”.
Talvolta, tuttavia, forse presagendo successive evoluzioni ottocentesche, persino la funzione di legame comunitario che la musica è solita rivestire in quell’epoca si spezza accentuando la solitudine di una fanciulla, come accade ad Anne Elliot, la protagonista di Persuasion (1817): “She knew that when she played she was giving pleasure only to herself; but this was no new sensation: excepting one short period of her life, she had never, since the age of fourteen, never since the loss of her dear mother, known the happiness of being listened to, or encouraged by any just appreciation or real taste. In music she had been always used to feel alone in the world”.
Brani vocali, danze e temi con variazioni sono il paesaggio sonoro della quotidianità narrativa della Austen e i vari riferimenti musicali ne accompagnano la caratterizzazione di numerose figure, siano esse centrali o marginali. In ogni occasione conviviale s’intonano brani vocali (songs), tra i quali potrebbero forse comparire anche “some simple old songs” che, secondo un nipote, la stessa scrittrice cantava con una “sweet voice” accompagnandosi con uno strumento musicale.
Nel mondo della piccola proprietà terriera che popola la sua scrittura, le liturgie sociali orientate all’economia matrimoniale sono disseminate da gruppo di danze (suites), in cui l’unità di musica e movimento e le abilità richieste per coniugarli sostengono e valorizzano le raffinatezze dei rapporti sociali. Nell’universo biografico e narrativo capita anche che due personaggi di Emma (1815), Jane e Frank Churchill, cantino insieme un song (Robin Adair), a riprova dell’effettiva intimità del loro rapporto e della sofferenza causata dalla loro separazione, e che proprio una serie di variazioni (variations) su tale song, scritte dal violinista e compositore inglese George Kiallmark (1781-1835), faccia capolino nella biblioteca musicale della famiglia Austen.
Songs, suites, and variations, a dire il vero, risuonano tra le pagine dell’autrice di Pride and Prejudice soprattutto grazie al contributo e al sostegno del “principe” degli strumenti, il pianoforte, che vi compare con la grafia “piano-forte” – la stessa, per inciso, che ritroviamo negli scritti di Giacomo Leopardi (1798-1837). Le sue presenze nel macrotesto austeniano sono una vera e propria miniera di riferimenti utili persino per i musicologi che studiano la storia di questa meraviglia culturale e tecnologica.
Per la maggioranza delle protagoniste dei suoi romanzi il pianoforte è cimento personale e sociale. In Pride and Prejudice (1813), le esecuzioni di Mary Bennet, precise ma eccessivamente appariscenti, contrastano con quelle della sorella Elizabeth, meno virtuosistiche ma di maggior gusto e più coerenti con gli ideali femminili del tempo. In Emma (1815), l’abilità con cui Jane Fairfax esegue lo Studio per il pianoforte (1804, 1810) di Johann Baptist Cramer (1771-1858) ne rivela le doti pianistiche, mentre il misterioso dono di un prezioso strumento Broadwood diventa il terreno di confronto tra due talentuose signorine. In Persuasion (1817), infine, il pianoforte è il rifugio della protagonista Anne Elliot, che una sfiorita giovinezza confina alla tastiera e non sulla scena vivace e ciarliera delle danze, dominate da raffinati rituali di corteggiamento.
(Nella foto La lezione di piano, di Edmund Blair Leighton)