Questa è una storia di buona volontà, di coraggio nel superare i propri limiti e di passione per gli studi. È la storia di Giovanni Muscarà – classe 1982 – che parte da Messina per Milano, con in tasca il sogno di realizzare «qualcosa di grande», seguendo le orme della madre che racconta da sempre ai figli lo splendido ricordo degli anni trascorsi in Università Cattolica.
Giovanni, che da sempre soffre di problemi di balbuzie, si iscrive dapprima a Scienze della comunicazione, ma ben presto capisce che la sua strada va in un'altra direzione e passa alla facoltà di Economia. Arriva il giorno della laurea, con una tesi in Politica economica che tratta delle possibilità di sviluppo per il Sud Italia. È un lavoro a cui ha dedicato tempo e studio, ma il pensiero di non riuscire a esprimersi fluentemente di fronte alla commissione, alla sua famiglia, agli amici, lo terrorizza: «Era la mia discussione di laurea, un'occasione unica e irripetibile e avevo paura di non riuscire a dire neanche tre parole di fila. Ci tenevo a dire le cose che avevo studiato; per chiunque è naturale, ma per chi ha questo problema no, è un dramma, perché sei cosciente che balbetterai, che ti bloccherai».
Giovanni sa che l'unica possibilità è provare a rifrequentare i corsi terapeutici di uno dei maggiori metodi in Italia che aveva sperimentato a 16 anni, senza successo; sa che sono duri e faticosi, ma adesso ha un obiettivo davanti: «La settimana prima della laurea aprivo bocca solo per allenarmi, ero concentratissimo».
Arriva il tanto atteso giorno e Giovanni risulta essere l'ultimo dell'elenco dei laureandi della sessione: «La balbuzie non è sempre costante, è un problema motorio, fisico, quando aumenta la tensione peggiora perché il corpo si blocca. Ma grazie ai principi che avevo appreso durante il corso ho tenuto l'ansia sotto controllo: quando finalmente ho potuto esporre la tesi non ho avuto nessun tentennamento, nessuna incertezza nel discorso; le parole uscivano fluenti e decise nello sbalordimento generale».
Da quel momento il neo-laureato è un fiume in piena, tanto che ai colloqui di lavoro gli dicono: «Ma lei quanto parla?»; è una domanda che fa sorridere Giovanni di soddisfazione; finalmente tutti focalizzano l'attenzione su quello che dice, non su come lo dice. Viene assunto dalla Kpmg dove lavora per tre anni, ma i weekend sono dedicati a un'altra attività: la gioia di insegnare ad altri come superare la disfluenza: «Ho cominciato a collaborare con le lezioni dei corsi, a dare una mano nel tempo libero; così sabato e domenica ero sempre in giro tra i vari centri, a Bologna, Catania, Padova... È un lavoro che dà grandi soddisfazioni, è impareggiabile vedere l'espressione di chi hai davanti che cambia, vedere la gente che all'improvviso sorride!».
Nel frattempo la sua carriera fa passi avanti e si apre la prospettiva di spostarsi a Londra. Cominciano i colloqui in inglese e la balbuzie crea qualche problema, perché le tecniche apprese con la lingua italiana non sono adatte: «Mi sono detto: ok, lavoriamo! Ho inventato quindi una nuova tecnica per parlare fluentemente in inglese e i colloqui, di pari passo con il perfezionamento degli esercizi, miglioravano. Da qui l'idea di creare a Londra dei corsi per superare la disfluenza. Del resto il film Il discorso del re ha reso l'opinione pubblica più sensibile a questo problema». In effetti, il film interpretato da Colin Firth, ispirato a una storia vera, racconta la storia di re Giorgio VI alle prese con i problemi di balbuzie che deve superare per poter parlare alla Nazione. «Sulla disfluenza c'è simpatia, ironia, non ci si rende conto di quanto questo problema condizioni la vita di una persona. Il film mi ha commosso perché ho rivisto l’angoscia di non riuscire a dire quello che vorresti dire; il re non è preoccupato della guerra, delle responsabilità che derivano da questa scelta, è coraggioso, è pronto a questo, ma la sua preoccupazione è quella di riuscire a parlare, a comunicare agli altri le sue decisioni».
Oggi Giovanni ha lasciato un lavoro sicuro, per realizzare un sogno, una scuola per balbuzienti a Londra: «Il mio corso si chiama The New Stuttering Centre. Inoltre sto creando insieme alla mia scuola italiana un centro internazionale, l’International Stuttering Centre. In questo periodo in cui so che il mercato del lavoro offre ben poco, ho deciso di rischiare, di avere il coraggio di credere che i limiti si possono superare, di fare il lavoro che mi rende più felice; ho deciso di provare a costruire qualcosa di positivo trasformando un problema, che ho affrontato con fatica e dolore, in una risorsa per me e per gli altri».