Stefano Besana ha 23 anni. Nel 2009 si è laureato in Scienze dei processi formativi all’Università Cattolica con una tesi in Psicologia dell’apprendimento dal titolo Social Network e apprendimento: un’analisi psico-pedagogica. Tutto il lavoro è cominciato con una domanda: i social network sono utilizzabili anche in chiave di apprendimento? Possono essere utili per la didattica nelle scuole, per la formazione nelle aziende? Stefano Besana ha condotto un’indagine su 320 soggetti. Dai risultati è scaturito il suo progetto di tesi, presentato a un Bar-Camp, una formula innovativa per dare spazio alle idee nuove, definite “non conferenze”, a cui è necessario prenotarsi. Una specie di speakers’ corner di Hyde Park. Dopo qualche mese viene contattato da Open Knowledge, l’azienda con cui oggi lavora.
Si fa avanti anche Telecom Italia che, da due anni, organizza il Working Capital Tour, un concorso nel quale i candidati hanno 15 minuti per convincere la giuria a finanziare il loro progetto di ricerca. «Ho avuto non poche difficoltà – scherza Stefano - ma alla fine ce l’ho fatta. Telecom ha deciso di finanziare la prosecuzione della ricerca». «Vogliamo sviluppare un corso all’interno degli ambienti scolastici e aziendali che utilizzi i social network, per promuovere un modello di apprendimento legato a modalità più informali ed emergenti». Stefano collabora anche con lo Spaee, il Servizio di psicologia dell’apprendimento e dell’educazione in età evolutiva dell’Università Cattolica, che porta avanti incontri formativi nelle scuole medie e nei licei per insegnare agli studenti come sfruttare le potenzialità di internet. Tra le proposte, quelle di creare un blog o un social network di classe in cui i ragazzi possano scambiarsi materiali e discutere della lezione.
Spiega Stefano: «I social network non solo sono utili per la didattica e la formazione, ma anche nelle aziende. Esemplare, in Italia, il caso di Barilla, che ha creato un sito in cui chiede ai consumatori di dare consigli e opinioni per implementare il processo produttivo». In azienda, i dipendenti possono inoltre collaborare al processo creativo caricando idee e proposte sul social network interno, che vengono messe ai voti e scelti dalla dirigenza. «L’ascolto diventa un feedback fondamentale che l’azienda riceve e sul quale poi deve agire».