di Antonella Sciarrone Alibrandi *
In un quadro di grandi trasformazioni, il titolo di studio universitario si conferma sempre più centrale nella ricerca di lavoro da parte dei giovani. La laurea continua a essere un ottimo investimento per raggiungere migliori opportunità professionali. In gran parte dei casi, infatti, studiare ripaga lo sforzo, anche economico, sostenuto per ottenere il titolo, Lo dimostra, per citare solo un dato, lo University Report 2018 dell’Osservatorio Job Pricing realizzato insieme a Spring Professional, secondo cui il reddito annuo lordo medio di un laureato supera di 11.900 euro quello di un diplomato (39.730 euro contro 27.849).
Molto spesso il tema dell’inserimento professionale dei giovani ruota attorno all’esigenza di coerenza tra il percorso di studi e il profilo occupazionale del neo-lavoratore. Appare chiaro allora il ruolo sempre più determinante dei percorsi di orientamento universitari, sia in entrata per chi arriva dalla scuola superiore, sia in uscita per laureandi e neolaureati. Una centralità peraltro di rilievo anche nell’agenda europea, a partire dalla strategia di Lisbona del 2000 e poi nella strategia Europa 2020, ove emerge l’obiettivo dell’UE di puntare sullo sviluppo di una società della conoscenza attraverso l’investimento sul capitale umano e la costruzione di un sistema di life long learning.
Affinché le iniziative di orientamento risultino davvero efficaci, occorre che il raccordo tra mondo dell’istruzione e realtà lavorative sia solido ed efficiente, attraverso un costante potenziamento delle risorse a disposizione. Tra i progetti avviati negli ultimi anni può essere ricordato l’investimento fatto con riguardo ai servizi legati all’orientamento professionale nell’ambito del programma europeo Garanzia Giovani, volto a promuovere il reinserimento formativo e lavorativo dei Neet, ossia dei giovani che né studiano né lavorano.
L’importanza dell’orientamento è dettata, inoltre, dalla necessità di analizzare i recenti fattori di cambiamento del mondo del lavoro, nonché il modo in cui sta mutando la configurazione di alcuni mestieri, particolarmente di quelli più tradizionali. In questo scenario hanno giocato e tuttora continuano a rivestire un ruolo determinante l’innovazione tecnologica, particolarmente in ambito digitale, l’interconnessione delle piattaforme e delle reti di lavoro, una sempre più marcata globalizzazione del mercato, lo sviluppo di soft skills da affiancare a competenze più tecniche e un approccio sempre più trans/interdisciplinare ai saperi.
In questo scenario, possedere una laurea rappresenta ancora oggi uno dei principali fattori di successo, che si manifestano non solo nell’immediato con l’acquisizione di competenze specifiche, ma anche mediante il rafforzamento delle competenze trasversali, che potenziano la fiducia in se stessi, l’abilità nel trattare col prossimo, di stare bene in un gruppo di pari e in relazione con gli adulti. È dunque importante per i giovani potersi inserire in un circuito imperniato sul binomio imparare-fare, al centro del quale favorire il miglioramento continuo delle proprie qualità e abilità.
Tanto più che il mondo del lavoro chiede da un lato conoscenze sempre più specifiche, ma al tempo stesso una capacità di contaminazione fra esse e una forte componente creativa individuale: si tratta perciò di identificare nuovi profili professionali rispetto al passato, ma anche di saper intercettare, se non in certo modo anticipare, il cambiamento, innovando soprattutto dal punto di vista metodologico le professioni tipiche.
Quanto alle richieste verso il sistema scolastico e universitario, i giovani sembrano avere chiari i propri bisogni: il 62% di quelli di età compresa tra i 18 e i 34 anni si dichiara favorevole all’aumento di attività laboratoriali nel loro percorso formativo; il 61,4% è d’accordo con l’aumento dell’utilizzo delle nuove tecnologie a fini didattici; il 58,6% auspica una crescita delle ore di insegnamento delle lingue straniere e il 58,4% un incremento di ore finalizzate a stage e tirocinio nelle realtà lavorative (fonte: dati del Rapporto Giovani 2018).
Se questo dunque è il quadro generale, appaiono chiare le sfide maggiori per il mondo dell’istruzione legate in particolare al tema del placement: anzitutto occorre affiancare all’insegnamento delle competenze tecniche l’allenamento a sviluppare capacità relazionali e trasversali; al tempo stesso è necessario saper coniugare le tradizionali finalità istituzionali di scuola e università (quali la formazione culturale, lo sviluppo cognitivo e l’intelligenza sociale) con obiettivi di promozione e sviluppo di un apprendimento abilitante sul piano professionale.
Altrettanto attuale è poi la sfida all’internazionalizzazione dei percorsi di formazione e il potenziamento del learning by doing, attraverso un rafforzamento di stage, esperienze di studio/lavoro e occasioni reali di traduzione del sapere teorico in abilità professionali.
Da ultimo bisogna stimolare, tanto nei giovani quanto nei loro maestri, l’attitudine a fare rete con il mondo del lavoro in un dialogo e confronto aperto, anche attraverso il contributo degli Alumni che sono già inseriti in ambito professionale e che possono a loro volta consigliare chi si affaccia per la prima volta al mondo del lavoro, superando il rischio di autoreferenzialità di alcune iniziative di orientamento al lavoro puramente intra moenia.
* prorettore dell’Università Cattolica, docente di Diritto bancario alla facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative, presidente di Educatt