«Siamo più popolari di Gesù» dichiarava John Lennon ai giornalisti all’apice del successo dei Beatles. Ma, in piena secolarizzazione, semplicemente schedando i titoli di best seller, o romanzi d’autore o di testi drammaturgici, fino alle canzoni, ai musical, ai film e ai libri di poesia, è palese che l’ispirazione dai vangeli e dalla vita di Gesù è larghissimamente diffusa: nelle forma dell’ispirazione, della riscrittura, dell’interpretazione. Quasi a farne una forma di “apocrifi moderni”, un’espressione che ha fatto da titolo al convegno inaugurato a Brescia l’8 maggio e concluso a Milano il 9. Un’organizzazione bilocata sottolineata dal preside della facoltà di Lettere e filosofia, Angelo Bianchi, che, in apertura dei lavori ha ricordato che «la ricchezza che i testi evangelici forniscono alla letteratura contemporanea testimonia il carattere universale del racconto biblico, capace di incontrare l’uomo di ogni tempo».

Un punto di vista ripreso dal professor Giuseppe Langella: «Credo che alla radice di tanto copiosa abbondanza di trascrizioni o rivisitazioni, esaustive o parziali, dei vangeli nella letteratura contemporanea stia il riconoscimento della perenne attualità del messaggio che da essi promana, nonché la percezione del carattere largamente paradigmatico della vicenda terrena di Cristo; di una storia, cioè, di portata archetipica, capace di racchiudere in sé tutte le storie possibili, di contemplare in essenza l’intera congerie dei casi umani, svelandone il senso ultimo».

 

Tra le varie testimonianze intorno al tema, Giuseppe Lupo, autore del titolo del convegno, si è concentrato sulla “sacra rappresentazione” che Mario Pomilio, a metà tra il documento e la rappresentazione drammaturgica, intitola Il quinto evangelista, in cui il Dottor Ehrart, uno dei personaggi fuori dal perimetro evangelico, dichiara che «il processo a Gesù è il tipico processo per eresia» perché è Gesù stesso «l’eresia, il dissenso dal dogma, dai credi imposti, al limite il fondatore d’una chiesa mai veduta che rinnega i vecchi culti e le osservanze tradizionali, rifiuta gli apparati esterni e perfino dissacra il tempio. In queste parole, che fanno retrocedere il discorso di vent’anni, al tempo cioè in cui vede la luce Processo a Gesù (1955) di Diego Fabbri, il Dottor Ehrart, senza volerlo, individua un’accezione diversa al termine di apocrifo, spostando la nozione di nascosto/falso nel campo del dissenso o dello scandalo». E, a proposito dei capitoli documentari Lupo ha aggiunto: «Manoscritti, leggende, appunti, lettere, citazioni attinte a documenti sconosciuti: è questo il grande bacino di testi a cui Pomilio attinge per i suoi capitoli documentari, indicando in questo modo una lezione di epistemologia». Come nel racconto di Raffaele Nigro, Il sesto evangelio, dove Pomilio compare tra i personaggi, al centro di una vicenda che porterebbe al recupero di un’ulteriore testimonianza della vita di Gesù, orale, non scritta: «Prodotti dalle mille voci del popolo, propagatosi nei continenti con il diffondersi del cristianesimo. Anche in questo caso si tratta di un testo polverizzato nel tempo, a integrazione e completamento dei vangeli canonici».

Alessandro Zaccuri ha invece inquadrato il tema rispetto al cinema: «In qualche modo "altro" rispetto al racconto della vita di Gesù, perché adopera uno strumento diverso da quello in uso nel Nuovo Testamento» ovvero il linguaggio letterario. Tra i casi citati da Zaccuri due paradossi: il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini e La Passione di Mel Gibson. Il primo «pur aderendo alla narrazione lineare del testo neotestamentario, può risultare straniante per le scelte visive messe in atto», mentre il secondo, un film in apparenza più che ortodosso, «poggia in ampia parte sugli scritti (non propriamente apocrifi, ma comunque non canonici) della beata Anna Katharina Emmerick, da cui provengono molti dettagli della trama».

Uscendo dalla narrativa, Enrico Elli, all’inizio della sua relazione ha invece voluto ricordare i due libri di papa Benedetto XVI intitolati Gesù di Nazaret, un ideale punto d'arrivo di un cammino iniziato mezzo secolo fa con la costituzione Dei Verbum promulgata dal Concilio Vaticano II, che può venire assunta quale documento a cui rifarsi per una nuova stagione di studi e di scritture intorno a Gesù che si è riavviata nell'ultimo tratto del Novecento. Come spiegato da Elli, «il papa, nella Premessa al secondo volume (2011), precisa di non aver voluto “scrivere una vita di Gesù”, ma di aver inteso “illustrare figura e messaggio di Gesù” e nella Premessa al primo (2007) affermava di aver “voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il Gesù storico in senso vero e proprio”, che risulta, per il teologo Joseph Ratzinger, “una figura storicamente sensata e convincente”», di cui molto si è scritto e si scriverà ancora.