Un’iniziativa per avvicinare le culture e smontare i pregiudizi. La prima a livello europeo, secondo il console albanese a Milano Gjon Çoba. “Incontri di civiltà”. Albania: il mio paese è il titolo dell’evento organizzato lo scorso 21 maggio dagli studenti albanesi in collaborazione con il Centro pastorale dell’Università Cattolica. Quella dei ragazzi che provengono dall’altra sponda dell’Adriatico è una comunità consistente in ateneo: 158 studenti su tutte le sedi, di cui 118 solo a Milano. Di qui l’esigenza di fare conoscere il proprio Paese oltre i luoghi comuni, attraverso tre giornate di studio.
Alla prima sono intervenuti, oltre al console, l’assistente ecclesiastico generale monsignor Sergio Lanza, il rettore dell’Università di Valona, Tanush Shaska e Bisej Kapo, che ha messo in luce alcuni aspetti della storia dell’Albania. Darling Vlora, nipote di Ismail Qemali, padre dell’indipendenza albanese dall’Impero Ottomano nel 1912, ha analizzato le relazioni storico-politiche di collaborazione tra l’Albania e l’Italia in quegli anni. Claudio Besana, professore di storia economica, si è occupato delle relazioni economiche italo-albanesi dall’avventura fascista alla cooperazione di fine Novecento. Visar Zhiti, delegato del ministro dei Beni Culturali dell’Albania, noto scrittore e poeta albanese, ha presentato una panoramica umana e sentimentale del terrore culturale e spirituale vissuto nel terribile cinquantennio comunista. “Da immigrante a imprenditore” è stata la testimonianza di Frederik Miculi, che ha messo in evidenza le prime difficoltà di un immigrato nei primi anni ’90 e di come ha percepito l’accoglienza italiana e in particolare delle istituzioni religiose che l’hanno aiutato nella sua carriera di imprenditore. Doriana Metollari, direttrice del giornale on line “Hermes news”, ha illustrato i primi passi di una giovane giornalista.
La giornata è stata allietata anche dalla musica della giovane flautista Ledina Cobani, dalla testimonianza della grande violinista Soela Mullaj e dall’inaugurazione della mostra del giovane pittore albanese Denis Kapo. La seconda giornata è stata dedicata alla storia e alla cultura degli Arberesh, un popolo di origine albanese che si rifugiò sulle coste meridionali dell’Italia dopo l’avanzata dell’impero Ottomano. La tre giorni si è conclusa con l’intervento dei “Cavalieri della pace” Fortunato Feroli e Vasenka Rangu, che hanno raccontato la loro opera di solidarietà in Albania, dove hanno contribuito alla costruzione di scuole, centri di accoglienza e altre attività.