«Essere un individuo morale significa prestare, essere obbligato a prestare, un certo tipo di attenzione». Ed è questa attenzione, di cui parla Susan Sontag, un’attenzione «partecipata e partecipante», per usare le parole di Gabrio Forti, l’insegnamento più prezioso che il letterato può dare al giurista. Con questa premessa si è aperto l’incontro del 7 novembre, che ha inaugurato il quinto ciclo di Giustizia e letteratura promosso dal Centro Studi “Federico Stella” sulla Giustizia penale e la Politica criminale (Csgp), e a cui hanno partecipato, insieme al professor Forti, docente di diritto penale e criminologia, preside della facoltà di Giurisprudenza e direttore del Csgp, anche le ricercatrici Claudia Mazzucato e Arianna Visconti.
Ispirato al Law and Literature Movement, nato in America nella prima metà del Novecento come reazione al divorzio tra diritto e discipline umanistiche progressivamente prodottosi nell’epoca contemporanea (anche per l’affermarsi di correnti come il giuspositivismo e l’indirizzo tecnico-giuridico), il progetto di ricerca e di formazione del Csgp si propone di andare oltre un semplice tentativo di riconciliazione tra letteratura e diritto, per esplorare fondamentali questioni di giustizia nella e attraverso la letteratura.
Non solo, quindi, un’attenzione professionale consapevole all’uso attento della parola, “strumento di lavoro” essenziale così del giurista come del letterato, come pure all’importanza dell’interpretazione e dell’argomentazione, dovrebbe spingere il primo a un interesse consapevole per la letteratura. Ma anche, e in primo luogo, un interesse umano per delicate questioni di giustizia che solo attraverso la forma della narrazione sembrano poter trovare adeguato “scioglimento”.
È, per esempio, in primo luogo l’esperienza dell’ingiustizia subita, diretta o trasmessa per il tramite della narrazione, che può porre basi “laiche” e condivise per una “teoria della giustizia” e per riempire di senso lo stesso concetto di “diritti umani fondamentali”, come sottolineato da eminenti giuristi quali Ronald Dworkin e lo stesso Federico Stella, nella sua ultima opera, pubblicata postuma, La giustizia e le ingiustizie. La frequentazione della letteratura, osserva la filosofa Martha Nussbaum, stimola quella capacità di “pensiero posizionale” – cioè di immedesimazione nel prossimo – che è innata in ogni essere umano e che è alla base dell’empatia: una capacità essenziale per poter raggiungere, o almeno perseguire, nel lavoro quotidiano del giurista, quel delicatissimo equilibrio tra apertura alla specificità e irripetibilità di ogni singolo caso concreto e necessaria applicazione di norme e categorie generali e astratte, che solo può consentire di dare veramente “a ciascuno il suo”.
Infine, l’apertura alla narrazione – delle vittime, ma anche dei perpetratori – e l’impostazione dialogica che questa porta con sé è fondamentale in molte forme di alternative dispute resolution, e in primo luogo nella pratica della giustizia riparativa: un modello innovativo di soluzione dei conflitti che ha ispirato esperienze fondamentali come la Truth and Reconciliation Commission nel Sudafrica del dopo apartheid e che raccoglie il crescente interesse di vari legislatori nazionali e delle stesse Nazioni Unite.
L’incontro, in linea con lo spirito che anima da sempre Giustizia e letteratura, è stato scandito dal dialogo dei partecipanti tra loro e con incisivi brani narrativi, anche attraverso la proiezione di brevi video di forte impatto. Il ciclo prosegue con altri due seminari – il prima, dedicato a Dante, si è svolto il 14 novembre; il secondo il 5 dicembre, dedicato a Cormac McCarthy – e due tavole rotonde – il 13 marzo 2014, sulla necessità della letteratura nella scienza giuridica, e il 10 aprile 2014, in tema di responsabilità medica, medicina difensiva e medicina narrativa.