A vent’anni dall’istituzione del mercato unico, quali sono i risultati raggiunti e quali le prospettive future? Sono le domande alla base del convegno organizzato dall’Università Cattolica per celebrare i venti anni di mercato pubblico europeo. All’iniziativa hanno partecipato Carlo Corazza, portavoce del vicepresidente della Commissione europea Tajani, Alberto Quadrio Curzio, professore emerito di Economia dell’università Cattolica, Guido Merzoni, preside della facoltà di Scienze politiche e sociali che ha organizzato l’evento e i docenti Ugo Draetta, Valeria Miceli e Andrea Santini.
Dopo l’introduzione del preside, l’incontro è stato aperto da un video messaggio di Antonio Tajani, che non è potuto intervenire per motivi istituzionali. Il vicepresidente della Commissione europea ha sottolineato i successi ottenuti dal mercato unico nei vent’anni di operosità e i passi che l’Unione Europea deve compiere per superare l’attuale periodo di crisi. A fargli eco il portavoce Corazza e il professor Quadrio Curzio, che hanno concordato nel ritenere tutt’altro che finito il periodo di crisi attraversato dall’Europa.
«Le politiche di austerity non bastano - ha dichiarato Corazza - : anche per quest’anno è prevista crescita zero e se non cambia qualcosa non ci sarà una grossa inversione di tendenza nemmeno nel 2014. Servono investimenti pubblici, sia nazionali che europei». Nemmeno troppo velata, quindi, il riferimento alla Germania, esplicitamente citata dal professor Quadrio Curzio, rea, secondo gli intervenuti, di aver dato troppo peso al pareggio di bilancio limitando le possibilità di crescita.
«Il fiscal compact è stato necessario in un momento storico in cui i mercati credevano che la stabilità degli Stati fosse valutabile solo a partire dal loro debito pubblico - ha ribadito l’economista della Cattolica – ma ora la situazione è cambiata. Dobbiamo sottolineare come, a differenza ad esempio degli Stati Uniti, l’Europa sia più solida dal punto di vista strutturale. Abbiamo un rapporto deficit su Pil del 3% contro il 9% degli Usa e un indebitamento delle famiglie per i mutui che non supera il 5%, contro il 100% degli Usa. Siamo solidi quindi. Ora dobbiamo pensare alla crescita».
Due le strade da percorrere per tornare a crescere al vaglio della Commissione europea: incentivi all’industrializzazione - un settore che dal 1990 ha perso per strada ben 1000 miliardi di Pil - e l’attuazione di un piano che favorisca l’apertura di nuove imprese, soprattutto da parte dei giovani. «Appare essenziale anche un’interazione con il mondo accademico, dove auspichiamo vengano inseriti dei veri e propri corsi che insegnino a diventare imprenditori. Ovvio che poi le istituzioni devono fare dei grossi passi in avanti per eliminare la maggior parte degli ostacoli che ancora si incontrano per aprire un impresa» ha concluso Corazza.
Centrale comunque appare il tema della spesa pubblica. Non si cresce senza nuove infrastrutture e nuovi investimenti, ovviamente in partnership con i privati. Sullo sfondo, ovviamente, la concorrenza dei Paesi cosiddetti emergenti, Cina su tutti. Paesi che crescono a ritmi vertiginosi ma che a volte, grazie a politiche spericolate dal punto di vista ambientale e del rispetto delle tutele dei lavoratori, sembrano attuare una vera e propria concorrenza sleale, alla quale bisognerà in qualche modo mettere un freno per non innestare un pericolosissimo gioco al ribasso alla ricerca della tanto agognata crescita.