Gli Atenei siano «luoghi di formazione di autentici operatori della carità». Poiché da essi «dipende largamente il futuro della società». È l'augurio di Natale che il Papa Benedetto XVI ha rivolto giovedì 17 dicembre alle università di Roma riunite nella Basilica di San Pietro per il tradizionale appuntamento che precede le festività. Quest'anno Benedetto XVI non ha celebrato la Messa con la comunità universitaria, ma ha guidato la preghiera dei Vespri, dando così inizio alla Novena di Natale. È stato il Rettore dell’Università Cattolica, prof. Lorenzo Ornaghi, a rivolgere il saluto delle università al Pontefice, seguito da una studentessa dell'Università di Roma Foro Italico (Iusm).
Alcune migliaia di studenti e docenti hanno affollato la Basilica per recitare con il Papa i Vespri, tra cui una folta rappresentanza della sede di Roma della Cattolica, composta di oltre 1000 tra studenti e personale docente e non docente, guidata dall’Assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo del Sacro Cuore, mons. Sergio Lanza, dai Presidi prof. Paolo Magistrelli (Medicina) e prof. Domenico Bodega (Economia) presenti insieme al Direttore di Sede della Cattolica di Roma, dott. Gianfranco Furnari, e al Direttore del Policlinico Gemelli, prof. Cesare Catananti. Tra le autorità che hanno partecipato alla liturgia, il Ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini e il prof. Enrico Decleva, presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane. L’incontro è stato promosso dall’Ufficio per la Pastorale Universitaria della Diocesi di Roma, guidata da mons. Lorenzo Leuzzi.
«Quale Sapienza nasce a Betlemme?». È questa la domanda che Benedetto XVI ha posto agli studenti e docenti partecipanti ai Vespri. «Quella che nasce a Betlemme - ha detto il Pontefice - è la Sapienza di Dio. Una sapienza che ha assunto un volto umano, il volto di Gesù». E questa identificazione della «Sapienza divina, cioè il Logos eterno, con l’uomo Gesù di Nazaret e con la sua storia è il paradosso cristiano», che trova soluzione solo «nella parola "Amore", scritta naturalmente con la "A" maiuscola trattandosi di un amore che supera infinitamente le dimensioni umane e storiche». Ma questa «Sapienza», ha domandato ancora il Pontefice, le cui «tracce» si possono cogliere «nelle particelle elementari e nei versi dei poeti; nei codici giuridici e negli avvenimenti della storia; nelle opere artistiche e nelle espressioni matematiche», chi l’ha «riconosciuta e adorata quando è nata?». «Non dottori della legge, scribi o sapienti - ha sottolineato -, ma Maria, Giuseppe e i pastori». «Ma allora non serve studiare? O addirittura è nocivo, controproducente per conoscere la verità?» ha chiesto provocatoriamente il Papa. «La storia di duemila anni di cristianesimo esclude quest'ultima ipotesi, e ci suggerisce quella giusta: si tratta - ha detto Benedetto XVI - di studiare, di approfondire le conoscenze mantenendo un animo da piccoli, uno spirito umile e semplice, come quello di Maria, la Sede della Sapienza».
E proprio l’icona di Maria Sedes Sapientiae, al termine della celebrazione è stata consegnata dalla delegazione universitaria australiana a quella africana, che la custodirà fino al prossimo dicembre 2010. L'iniziativa si inserisce nella collaborazione che si va sviluppando tra Atenei romani e africani dopo il recente Sinodo continentale. Delle «assidue ed efficaci forme di sostegno concreto all’Africa e allo sviluppo delle università africane», ha parlato il Rettore Lorenzo Ornaghi, nell’indirizzo d’omaggio rivolto a Benedetto XVI. Ornaghi ha inoltre espresso al Pontefice, una «dichiarazione di impegno a un nuovo slancio creativo, consapevole e coraggioso» dell’università. «Lo esigono - ha sottolineato - i moltiplicati luoghi dove la ricerca scientifica perderebbe il suo senso e potrebbe diventare pericolosa senza l’amicizia della sapienza. Lo esige, in particolare, l’idea alta di università, che non è ancora sfiorita, ma che tocca a ognuno di noi custodire, promuovere, diffondere».