Duecentonovantatrè navi attaccate, 49 sequestrate con richiesta di riscatto, 889 membri dei vari equipaggi presi in ostaggio e 21 vittime accertate: è il triste bilancio della nuova pirateria navale nello scorso anno che l’ammiraglio Pier Paolo Ramoino, vicepresidente del Centro Universitario di Studi strategici ed internazionali (Cssi) dell’Università di Firenze, ha presentato lo scorso 13 maggio a un seminario organizzato da Massimo De Leonardis, direttore del dipartimento di Scienze Politiche. Le zone maggiormente a rischio, ha spiegato l’ammiraglio, sono gli stretti del Sud-est asiatico, la zona compresa tra il Corno d'Africa e il Mar Rosso, l'Africa centro-atlantica, dove i pirati si sono addirittura dotati di petroliere che affiancano quelle delle grandi compagnie per rubare l'”oro nero” e rivenderlo a prezzi più competitivi sul mercato. E poi ancora il Centro America, dove la pirateria è finalizzata al controllo del mercato della droga, e il Mar Mediterraneo.

La pirateria, dunque, è tornata sulle cronache dei giornali, ma le sue radici sono lontane e meriterebbero un’attenzione maggiore. È il cuore del pensiero dell'ammiraglio Ramoino, che ha parlato agli studenti ma anche a militari esperti della questione, toccando vari aspetti della vicenda: dalla contestualizzazione storico-geografica alla situazione attuale, passando per le possibili soluzioni del problema. Dopo aver raccontato il lavoro di ricerca svolto dai giovani ricercatori dell'istituto di cui fa parte, finalizzata alla comprensione del  mondo piratesco a partire dalle sue origini, si è soffermato «sull'errata idea in merito alla figura del pirata. Un'idea che non risale a oggi ma è sbagliata da sempre». È importante distinguerlo dalla figura del corsaro. «Oggi lo definiremmo un dipendente pubblico con contratto a tempo determinato – ha detto Ramoino -. Riceve un'autorizzazione da un governo che gli rilascia una lettera di corsa e una bandiera sotto la cui egida deve operare. Una volta scaduta questa autorizzazione, il corsaro diventa a tutti gli effetti un pirata».


Ma che cos'è la pirateria oggi?  «È un atto illegittimo di violenza o depredazione commesso per fini privati contro una nave o contro persone e beni a bordo. Un'azione compiuta in alto mare da navi private, non da guerra, a fine economico», ha precisato Ramoino citando la definizione giuridica. Affinché se ne possa configurare la fattispecie è essenziale l'animus furandi, vale a dire l'intenzione di rubare contro la volontà del proprietario. Se, invece, un'imbarcazione non viene attaccata in alto mare si parla di semplice rapina a mano armata.


Storicamente diversa la pirateria del Mediterraneo da quella dei Caraibi: nel primo caso il sistema ruotava intorno alla “merce umana”, cioè ai pirati da reclutare e da redistribuire tra imperi e nazioni. Il pagamento del riscatto spettava nella maggior parte dei casi a organizzazioni differenti rispetto a quelle statuali, solitamente a congregazioni religiose; nella regione delle Americhe bagnate dal mare  caraibico, invece, l'obiettivo non era l'uomo né tanto meno il riscatto. Ma la merce, con l'oro spagnolo come principale oggetto del desiderio. L'organizzazione economica era differente, con le istituzioni impegnate ad acquistare le navi per i pirati, anticipando le spese necessarie. Alla fine del'800 il Mar Rosso e l'Oceano Indiano divennero nuovi terreni di conquista per i pirati. Si arrivò così alla costituzione di un sistema anti-pirateria incentrato sull'invio di pattugliatori militari e sulla presenza costante di navi stazionarie nei “punti sensibili”. L'unico rimedio ancora oggi attuabile a detta dell'ammiraglio Ramoino.


E, proprio tornando all’attualità, proprio questa è la soluzione che prospetta: scortare i bersagli di grande interesse, non impiegare le Marine militari e autorizzare gli equipaggi dei mercantili alla reazione in caso di attacco dei pirati. Le soluzioni normative infatti sembrano scarseggiare: fino a oggi, infatti, non è possibile seguire i pirati a terra. Lo si può fare solo in Somalia, grazie a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dello scorso ottobre che è intervenuto sulla questione in assenza di un governo democratico.