Iper-connessa, super-tecnologica e in continuo movimento. È la società di rete, che ha preso piede nel mondo occidentale e ha decretato il trionfo della network society o, per dirla con Bauman, della società liquida. Lo testimoniano la velocità dell’informazione, la globalizzazione economico-finanziaria, l’omologazione, la diffusione su scala planetaria dei rischi legati sia al terrorismo internazionale sia alle nuove pandemie alimentari. Fenomeni che, col tempo, hanno finito per condizionare i ritmi della vita quotidiani, sempre più accelerati e compressi.
È possibile sfuggire a questa morsa? L’interrogativo è al centro del dibattito a più voci Tempo, Ritmo e...,promosso il 22 aprile dal dipartimento di Sociologia e dal gruppo Interstizi e Intersezioni animato dal professor Giovanni Gasparini, autore del volume: Tempi e ritmi nella società del Duemila, (ed. FrancoAngeli).
Nel testo il sociologo della Cattolica ha raccolto alcune riflessioni socio-filosofiche, a partire da cui ha proposto una serie di suggerimenti utili per sottrarsi alla pervasività della network society. «La società dell’organizzazione costante, secondo lo schema 24/7 e dell’always on line, ha cambiato il nostro rapporto con il tempo - spiega il professore -. Le nuove tecnologie hanno prodotto effetti positivi, soprattutto in termini di diffusione della conoscenza e tempestività delle informazioni, ma non mancano i risvolti negativi. Per esempio l’impossibilità di fare a meno dell’essere raggiunti dai media in qualsiasi momento, fino a correre il rischio di alienarsi». Tra gli effetti indesiderati, secondo il professor Gasparini, vi è infatti la propensione a ridurre i tempi privati, gli spazi di silenzio e la concentrazione personale, in nome di quel bombardamento mediatico e informatico cui siamo sottoposti 24 ore su 24. Il rischio maggiore è l’assuefazione, che trova terreno fertile specialmente tra le giovani generazioni che non hanno avuto l’opportunità di conoscere i valori della concentrazione o del rapporto faccia a faccia.
«Il segreto per contrastare questi effetti indesiderati sta nel riacquistare, a livello individuale, il tempo della sosta e, a livello collettivo, quello della festa - suggerisce il sociologo della Cattolica - la strada da praticare è quella che chiamo dell’autolimitazione. Non si tratta di demonizzare la modernità contemporanea, coltivando atteggiamenti antimoderni o luddistici nei confronti delle tecnologie attuali e della rete. Quanto piuttosto di valutare la possibilità di limitare consapevolmente e responsabilmente alcuni aspetti distorti della società contemporanea con l’obiettivo di preservare “aree intermedie” di espressione culturale, di socializzazione e di sperimentazione di valori».
È diminuendo l’esposizione ai media, che nelle metropoli raggiunge punte elevatissime, che diventa possibile riappropriarsi degli spazi di silenzio, della natura e dei suoi ritmi. «Bisogna ritornare a privilegiare la lentezza sull’accelerazione - sottolinea Gasparini -, aumentare l’attenzione alla natura, per accoglierne la sua ritmicità, valorizzare la dimensione estetica del quotidiano. Insomma, piccoli gesti che contribuiscono a migliorare la qualità della nostra vita». Anche perché, si sa, sono proprio i fenomeni “interstiziali”, quelli marginali e apparentemente trascurabili, crocevia di novità inconsuete e ricche di significato.