La messa è finita. Secondo Giorgio Simonelli, docente dell’Università Cattolica e curatore del libro “Speciale Tg” l’appuntamento canonico del tg delle venti non è destinato a durare. Così recita infatti il sottotitolo della nuova edizione, presentata martedì 22 maggio nella sala Negri da Oleggio in largo Gemelli. Presenti alla conferenza giornalisti del mondo della televisione come Emilio Carelli di SkyTg24 e l’ex conduttrice del Tg1 Tiziana Ferrario insieme a Walter Passerini, editorialista de La Stampa e a docenti sulla comunicazione come Paola Abbiezzi, docente dell’Università Cattolica e Giampaolo Caprettini, direttore del master in giornalismo dell’Università di Torino.
Il libro, giunto alla quinta edizione, resiste da quindici anni sul mercato editoriale perché basato su un’idea capace di aggiornarsi continuamente, così come si aggiorna e si trasforma il complesso mondo dell’informazione. «Per tutti gli anni ’90 – dice Carelli – ho contribuito a cantare quella messa che era l’edizione delle venti del Tg5. I telespettatori all’epoca, tornavano a casa dal lavoro e si mettevano di fronte al tg per avere le notizie. I due più grandi tg, il Tg1 e il Tg5, riuscivano a raccogliere anche il 60-65% di spettatori durante la loro messa in onda».
«L’introduzione delle tecnologie digitali – continua Carelli – ha cambiato tutto. Ora non è più il telespettatore ad aspettare le notizie, ma siamo noi ad inseguirli su tutte le piattaforme disponibili». Il moltiplicarsi di strumenti ha sicuramente garantito un maggiore pluralismo, ma soprattutto un maggiore accesso alle notizie, grazie ad Internet ed ai canali all news, ha cambiato le carte in tavola. «Oggi – conclude - tutti i telegiornali delle venti messi insieme fanno il 40% di ascolti e anche la figura del giornalista stesso è cambiata: oggi un giornalista deve saper uscire con la sua telecamera, girare il pezzo, montarlo e inviarlo alla redazione via streaming».
Questo eccesso di notizie può causare confusione nella testa dello spettatore. «Gli spettatori di oggi mi ricordano un personaggio di Jorge Luis Borges – afferma Passerini – Funes, el memorioso, che ricordava tutto ma che non riusciva a capire il senso delle cose che lo circondavano. Adesso c’è un bisogno forte di decodificare la realtà e la tv generalista non è in grado di farlo. Il problema è di chi detta l’agenda nei media, dato che dovrebbe servire a costruire un’opinione pubblica forte. La messa è infinita ma deve riuscire a creare condensazione sociale». Secondo Caprettini, invece, i canali all news sono stati capaci di «unire artigianato e ufficialità, ossia unire la capacità di saper raccontare gli eventi con l’autorevolezza necessaria purché sia considerato attendibile».
Di diverso avviso invece Ferrario, che non considera ancora terminata la capacità propulsiva del tg tradizionale: «Oggi l’all news, a cui va aggiunto il contenuto multimediale della Rete, non raccoglie molta audience (circa il 2% giornaliero sommando i tre canali all news in Italia: SkyTg24, Rai News e Tgcom24 ndr) per questo l’edizione delle 20 del tg continua ad avere un bacino potenziale enorme. Il problema è che il format non è stato adeguato al flusso di notizie quotidiane e dunque i tg finiscono sempre per essere tutti uguali. Non hanno soddisfatto l’esigenza sempre maggiore di conoscenza e sono mancati i giornalisti che spiegassero i problemi alla gente. Però e la messa fosse veramente finita – conclude Ferrario – Mentana non avrebbe conquistato dal nulla il 10% di share che ha adesso».