di Walter Ricciardi*
«Vaccinazione» (dal latino vacca) è il termine che Edward Jenner ha inventato nel 1801 per il suo trattamento contro il vaiolo; e tanto successo ha avuto la sua innovazione che nel 1840 il governo britannico vietò trattamenti preventivi alternativi, mentre la definizione venne adottata definitivamente da Pasteur per l’immunizzazione contro ogni malattia.
Dopo l’acqua pulita, la vaccinazione è l’intervento di sanità pubblica più efficace al mondo per salvare vite umane e promuovere buona salute, ma oggi i vaccini e le vaccinazioni sono a un importante punto di svolta. Un elevato numero di nuovi vaccini, con un grande potenziale per il controllo delle malattie infettive, è stato appena autorizzato o è in fase avanzata di sviluppo. Tra le malattie oggi prevenibili vi sono la diarrea da rotavirus, la malattia pneumococcica, le meningiti e il cancro del collo dell’utero (causato dal papillomavirus umano), che insieme uccidono più di un milione di persone ogni anno, la maggior parte delle quali nei Paesi in via di sviluppo.
I recenti progressi della genetica e dell’immunologia hanno aumentato la nostra comprensione della patogenesi microbica e dei meccanismi di difesa del corpo umano; di conseguenza, nei prossimi vent’anni sarà disponibile un’imponente serie di nuovi vaccini. Questi non verranno usati “solo” per prevenire le malattie infettive, ma anche per prevenire neoplasie, diabete, morbo di Alzheimer, nicotina e dipendenza da cocaina. Sono in fase di sviluppo anche vaccini terapeutici per il trattamento di malattie autoimmuni e disturbi allergici. I nuovi vaccini saranno quindi rivolti non solo a bambini e adolescenti, ma a tutte le fasce d’età, e le nuove tecnologie consentiranno, inoltre, modalità di somministrazione più semplici (come quelle transcutanea, nasale od orale) senza compromettere l’efficacia.
La crescente disponibilità di vaccini ha però sollevato nuovi interrogativi e problemi che già ora ostacolano o limitano la loro introduzione nell’uso di routine. I genitori sono sempre più preoccupati per l’elevato numero di vaccini somministrati ai loro figli e anche se sono stati fatti notevoli sforzi per facilitare i programmi di immunizzazione infantile, le schedule sono già abbastanza piene e non possono facilmente consentire l’aggiunta di numerosi nuovi vaccini.
Inoltre, gli eventi avversi correlati ai vaccini sono diventati più evidenti di alcune malattie da essi prevenute. Quando le conseguenze di malattie come poliomielite, difterite o tetano erano evidenti nella popolazione (bambini morti, disabili o gravemente malati) non era necessario convincere i genitori a vaccinare i propri figli: erano la paura e il naturale istinto protettivo che li spingevano spontaneamente a farlo. La sfida è oggi quella di far capire loro che queste malattie non sono eradicate e che l’abbattimento delle frontiere e la globalizzazione rende tutti vulnerabili, particolarmente quelli che, più o meno consapevolmente, decidono di non proteggersi con una tecnologia che oggi è molto più sicura ed efficace di quando fu introdotta tanti anni fa. Fa testo il recente allarme lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità sul riaffacciarsi della poliomielite in Europa dopo i casi in Siria, Camerun e Israele.
Inoltre, gli obiettivi per mantenere un elevato livello di copertura vaccinale a beneficio dei singoli e della comunità sono a rischio di compromissione per l’azione di piccoli ma attivissimi gruppi di oppositori alle vaccinazioni.
Questa resistenza vede motivazioni molto differenziate, alcune particolarmente odiose e pericolose. Molte indagini, anche nel nostro Paese, hanno rivelato che, nella maggior parte dei casi, la paura dei vaccini dipende da ignoranza o cattiva informazione, assolutamente fronteggiabili con strategie di educazione e sensibilizzazione che possano consentire ai singoli individui di decidere in modo informato e responsabile. Nel restante numero vi sono:
1. cittadini ideologicamente e convintamente contrari alla vaccinazione considerata espressione della medicina tradizionale contrapposta ad altre correnti di pensiero (es. antroposofico, omeopatico, religioso ortodosso…);
2. familiari di soggetti che hanno sperimentato direttamente casi di malattia insorti cronologicamente dopo la vaccinazione che essi attribuiscono, nella stragrande maggioranza dei casi erroneamente, al vaccino (ritardi mentali, paralisi…);
3. soggetti che per interessi diversi, spesso personali (medici, avvocati, magistrati, giornalisti, associazioni di cittadini e/o di consumatori…) strumentalizzano tragiche situazioni personali per trarne benefici di vario tipo (soldi, visibilità mediatica, progressioni di carriera).
Emblematico al riguardo è la ripetutamente richiamata correlazione causale tra vaccino anti-morbillo-rosolia-parotite con l’insorgenza di autismo, documentata falsamente molti anni fa da un medico inglese, poi inibito dalla professione medica per indegnità, e sempre smentita da tutti gli studi effettuati e dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità, ma continuamente riesumata, soprattutto sui nuovi media, internet in primis, perfettamente padroneggiati da attivisti antivaccinali costantemente disinformati e disinformanti.
Ultimo, ma non meno importante, un possibile ostacolo verso l’uso di nuovi vaccini, particolarmente nei Paesi alle prese con la crisi economica, è il loro costo. Come conseguenza degli investimenti effettuati in ricerca e sviluppo, i nuovi vaccini saranno probabilmente più costosi di quelli consolidati. Tuttavia, il rapporto tra costo ed efficacia sarà generalmente elevato, e il grande valore della vaccinazione come intervento preventivo dovrà essere adeguatamente valutato rispetto ai costi sempre più alti degli interventi terapeutici conseguenti alla contrazione delle malattie che si sarebbe stato in grado di prevenire.
È quindi difficile prevedere fino a che punto i progressi citati porteranno a interventi vaccinali sicuri ed efficaci in modo diffuso ed equo, particolarmente in Italia.
Il nostro Paese sconta, infatti, più di tutti gli altri Paesi dell’Ocse, un atteggiamento di grande pigrizia, in alcuni casi di ignavia, verso la prevenzione, in particolare quella vaccinale. Basti dire che l’Italia è, vergognosamente, l’ultimo tra i 30 Paesi più avanzati economicamente al mondo a investire in prevenzione e che spende, per tutti i vaccini, meno del quinto antibiotico più venduto.
Le responsabilità, che a onor del vero l’attuale governo sembra, almeno a parole, intenzionato a rimuovere, sono molte.
Innanzitutto dei dirigenti della sanità pubblica a livello centrale e di quelli di molte regioni italiane, che interpretano il loro ruolo spesso con una burocratica pavidità anziché con la leadership coraggiosa che sarebbe richiesta per promuovere una tecnologia che ha le difficoltà precedentemente descritte nell’essere percepita come prioritaria dal cittadino comune. Gli stessi operatori sanitari sono, non solo, ma particolarmente nel nostro Paese, spesso scettici nei confronti della vaccinazione, anche nel loro caso per ignoranza e/o scarsa informazione, e trasmettono conseguentemente ai cittadini la loro cattiva preparazione e una diffusa irresponsabilità decisionale.
Le azioni politiche dovrebbero pertanto puntare a garantire un adeguato livello di consapevolezza in tutti i settori della società, innanzitutto tra i professionisti sanitari, per preparare il terreno e consentire alla collettività e ai singoli cittadini di essere informati e decidere responsabilmente.
Bisogna però sottolineare che, spesso, anche i professionisti più preparati e onesti possono essere frenati da un clima di aggressività mediatica, di cultura anti-scientifica e di malcostume che in Italia sono particolarmente evidenti e radicati, anche in chi dovrebbe istituzionalmentedifendere le ragioni della scienza e del benessere collettivo.
Solo in Italia si sono verificati casi come quelli Di Bella o Stamina, in cui trattamenti che altri Paesi avrebbero (e hanno) definito come ciarlataneria vengono autorizzati o, addirittura, obbligati da magistrati privi di qualsiasi cultura scientifica e supportati da medici totalmente autoreferenziali. Solo in Italia i periti dei tribunali non sono gli scienziati più prestigiosi e rispettati internazionalmente (spesso, quando questi si espongono, vengono messi alla gogna, perché, volendo fare ricerca scientifica avanzata, collaborano in modo trasparente con finanziatori pubblici e privati, quasi sempre aziende farmaceutiche, e per questo vengono automaticamente etichettati come non obiettivi o, addirittura, corrotti). Solo in Italia ministri della Salute, mal consigliati o pavidi (fa fortunatamente eccezione l’attuale), portano in Parlamento e/o finanziano con fondi pubblici sperimentazioni che altri Paesi definirebbero folli o ridicole.
Solo in Italia, infine, le resistenze maggiori arrivano non dagli strati di popolazione più svantaggiati culturalmente, economicamente e socialmente, ma da quelli più colti e benestanti, in particolare femminili. È, infatti, universalmente riconosciuto che il ruolo della madre è decisivo, molto più di quello del padre, nel determinare i livelli di salute dei componenti del nucleo familiare, a maggior ragione nei Paesi che come il nostro, purtroppo, non valorizzano adeguatamente il ruolo della donna. Essa, pertanto, assume, spesso in modo esclusivo, la gestione delle faccende domestiche, incluso l’accudimento dei fi gli e/o quello degli anziani. Molte indagini hanno evidenziato che, in Italia, l’assunzione di comportamenti a rischio per sé e per i propri figli è particolarmente frequente nelle donne di più elevata scolarità e ceto sociale, che fumano, bevono e consumano farmaci, in particolare psicofarmaci, in misura maggiore rispetto alle donne di livello economico-sociale inferiore. E che hanno, in media, un solo figlio, peraltro in età tardiva (quest’anno l’Italia ha confermato il record mondiale, già da tempo detenuto, della denatalità, con il più basso numero di nuovi nati da sempre) e che vivono la vaccinazione come qualcosa di rischioso, che può pregiudicare la salute del proprio figlio e non come uno strumento di prevenzione verso malattie terribili che ormai neanche molti medici hanno visto personalmente proprio grazie, appunto, al successo delle vaccinazioni.
E invece i vaccini servono e serviranno, per non ritornare all’epoca in cui l’aspettativa di vita era bassissima e bastava andare a scuola o camminare per strada per contrarre malattie che, seppur oggi non più visibili, sono causate da agenti microbici ancora presenti nel mondo e pronti a riemergere nel momento in cui le difese vengano abbassate.
Non vi è dubbio che i vaccini avranno, speriamo, un futuro importante anche in Italia solo se tutti faranno la loro parte assumendosi le responsabilità legate al proprio ruolo pubblico o privato.
Il governo centrale, promuovendo una programmazione omogenea su tutto il territorio nazionale e finanziando adeguatamente i vaccini che siano di provata sicurezza, efficacia e convenienti dal punto di vista economico; quelli regionali recependo prontamente e implementando in modo rapido ed equo i piani vaccinali elaborati e attivando strategie di formazione e sensibilizzazione degli operatori e dei cittadini; i professionisti sanitari, aggiornando costantemente le proprie conoscenze in quella che sta evolvendo come una vera e propria scienza vaccinologica e informando le decisioni sulla propria salute e su quella dei propri pazienti all’evidenza scientifica e all’etica della responsabilità; i cittadini, informandosi attivamente sulle opportunità offerte dalla medicina e dalla ricerca scientifica, per migliorare qualità e quantità di vita e scegliendo quindi liberamente e responsabilmente.
Non vi è dubbio, poi, che se la libertà di opinione e di parola sono sacre in ogni democrazia, esse devono essere coniugate con la necessità di dover rendere conto dei danni apportati in conseguenza di suggerimenti o azioni dettati da interessi costituiti o da franca malafede, da qualunque parte essi provengano e che devono essere adeguatamente identificati e perseguiti.
In ultimo, il mondo della comunicazione, in larga parte altamente professionale, deve rendersi conto della pericolosità di voler fare a tutti i costi “notizia” solo con quelle cattive o allarmanti (si sa che le buone notizie fanno poca audience) e privilegiare la narrazione corretta e veritiera dei fatti e forse, come sta emergendo da più parti, far rivedere ai cittadini immagini crude di malati e malattie che ormai quasi tutti hanno dimenticato e che conservano una grande attuale drammaticità.
I vaccini sono e saranno sempre necessari, finché vi sarà vita su questa terra, perché nella lotta perenne tra l’uomo e la malattia sono uno strumento irrinunciabile di civiltà, per prevenire patologie potenzialmente mortali e per consentire ai cittadini dei Paesi civili, e speriamo quindi anche ai nostri, di godere di una vita lunga e degna di essere pienamente vissuta.
*Ordinario di Igiene alla facoltà di Medicina e chirurgia “A. Gemelli” dell’Università Cattolica di Roma. Nel luglio 2014, con decreto dei ministri della Salute e dell’Economia e delle Finanze, è stato nominato commissario dell’Istituto superiore di sanità (Iss).