di Anna Lombardi *
La prima volta che il professor Francesco Banfi mi ha prospettato l’idea di uno stage per la tesi in collaborazione con l’università di Lione, ho subito pensato che fosse tutto troppo “complicato”, un cambiamento troppo radicale per me. Molto presto però, alla titubanza iniziale è subentrato l’entusiasmo per la partenza, per la nuova esperienza che avrei vissuto e per l’interessantissimo progetto di ricerca che avrei seguito in Francia. Ho lasciato Brescia a febbraio, con un po’ di nostalgia, non sapendo ancora che mi stavano aspettando quattro mesi fantastici.
In questo periodo di stage, per la prima volta, ho avuto la possibilità di lavorare in un ambiente di ricerca, presso il laboratorio di femtonano-ottica (Lasim) dell’Università Claude Bernard Lyon 1. Non è stato difficile integrarmi nell’équipe: ho conosciuto persone fantastiche, che mi hanno subito fatta sentire a casa. Ho collaborato con altri studenti di dottorato e ricercatori, che mi hanno guidata nel magico mondo della ricerca scientifica. Questa esperienza è stata estremamente stimolante a livello scientifico e formativa dal punto di vista professionale: il mio lavoro di tesi riguarda lo studio di proprietà ottiche di singole nanoparticelle metalliche e per svilupparlo ho avuto la possibilità di utilizzare una tecnica all’avanguardia detta spettroscopia a modulazione spaziale (Sms).
Negli ultimi anni l’interesse dei ricercatori nei confronti di queste particelle è cresciuto in modo esponenziale, soprattutto a causa delle loro interessanti applicazioni a livello tecnologico e medico, primo fra tutti la ricerca contro il cancro ma anche contro la ormai ben nota influenza H1N1. In futuro mi piacerebbe dedicarmi soprattutto a questo secondo settore: la nano-medicina è infatti un ramo della fisica che mi ha sempre affascinato e nel quale mi piacerebbe lavorare anche in un eventuale dottorato di ricerca dopo la laurea. E, ironia della sorte, l’occasione ma l’ha data proprio la Francia: al termine del mio stage mi è stato offerto un posto per un dottorato di ricerca nel gruppo in cui ho lavorato in questi mesi, per continuare il progetto iniziato per la tesi. È un’opportunità unica per il mio futuro, soprattutto considerando le pessime prospettive che avrei restando in Italia.
Uno degli aspetti che ritengo più positivi di questa esperienza è stata la possibilità di conoscere e collaborare anche con altre realtà di ricerca di spicco a livello internazionale, come ad esempio l’Università di Vigo in Spagna: a partire dal mese di aprile, infatti, si è unita al nostro gruppo una ragazza argentina che sta svolgendo il suo progetto di dottorato in chimica proprio nell’università spagnola. Il confronto con lei mi ha permesso di imparare moltissimo. Al di là dell’esperienza lavorativa, il mio soggiorno a Lione è stato meraviglioso anche dal punto di vista umano. Ho conosciuto moltissime persone nuove, provenienti da ogni parte del mondo, venendo così a contatto con culture diverse. Vivere all’estero, da sola, mi ha anche permesso di vedere la vita da un’altra prospettiva, di sentirmi più forte e indipendente: è un’esperienza che un giovane dovrebbe sempre avere l’opportunità di fare.
Un ultimo pensiero non può non andare a Lione, una città meravigliosa, che ho subito sentito come una seconda casa. È una città molto tranquilla e attenta ai giovani. Fortunatamente, il duro lavoro in laboratorio e lo studio mi hanno lasciato alcune ore di libertà, nelle quali ho potuto andare alla scoperta degli angoli più belli della città vecchia (classificata dall’Unesco nel 1998 come sito patrimonio dell’umanità) con i suoi traboules, gustare prodotti tipici, visitare parchi e musei, passeggiare nel ricchissimo mercato sul fiume e nel mercatino degli artisti allestito ogni domenica mattina. Oggi, un po’ spaventata da quello che mi riserva il futuro e ancora indecisa se accettare la proposta dell’Università di Lione, non posso che ripensare con un po’ di nostalgia ai mesi meravigliosi trascorsi in Francia. È stata un’esperienza estremamente positiva, dalla quale ho imparato, anzitutto, che per inseguire un sogno si deve essere disposti a tutto: partire, lasciare le certezze di ogni giorno, fare un piccolo salto nel buio e nell’ignoto. Anche nel buio, in fondo, possiamo trovare una luce che ci indichi la strada.
* 23 anni, bresciana, laureanda in Fisica della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali della sede di Brescia