«Se c’è la passione, se si dà il meglio di se stessi, tutto diventa più facile». È un po’ questa la filosofia di Geraldine Zodo, milanese 27 anni, una laurea triennale allo Stars di Brescia in tasca e nella testa il sogno di diventare una gallerista d’arte contemporanea di successo. In realtà questo sogno in parte è già diventato realtà. Dal 21 gennaio infatti, insieme al fratello Jerome, gestisce la galleria “Jerome Zodo Contemporary” in via Lambro 7 a Milano, uno spazio che fino all’inizio del prossimo anno ospiterà le personali di artisti contemporanei di fama internazionale come Andrew Schoultz e di Ben Grasso. In casa di Geraldine, si è sempre respirata arte. Suo padre infatti è un mercante d’arte moderna e suo fratello, dopo la laurea in economia e commercio, lo ha affiancato nella gestione della sua galleria.
Ma in realtà Geraldine aveva un altro sogno per la testa: quello di diventare giornalista. «Ho capito che volevo diventare fotoreporter quando a 18 anni mi sono trovata quasi nel mezzo dell’incidente al grattacielo Pirelli. Abito proprio lì accanto e non appena ho sentito lo schianto non ho pensato due volte a scendere per strada con la macchina fotografica». Da quelle fotografie in presa diretta nascerà poi un servizio per Corriere.it e la consapevolezza per Geraldine che forse è proprio il giornalismo la sua strada. Durante gli anni dell’università si divide fra tante collaborazioni con riviste come Maxim, con la società di produzioni Short Cut, con la televisione Fashion Tv e con diversi brand per cui cura la realizzazione dei cataloghi.
Come tesi di laurea triennale realizza un documentario sull’uranio impoverito, che la impegna per quasi un anno e mezzo nella ricerca di testimonianze, soprattutto di quei soldati che dopo il ritorno in patria erano stati colpiti da tumori, poi trascorre un mese in Sri Lanka per raccontare il paese dopo la tragedia dello tsunami del 2004. Ma saranno proprio queste due esperienze a modificare un po’ la sua percezione del mondo del giornalismo. «Mi sono buttata in questo settore occupandomi di due vicende molto delicate e mi sono scontrata con uno dei difetti del giornalismo italiano, quello di dimenticare troppo facilmente le vicende dolorose del passato, o addirittura di nasconderle. Io credo invece che un buon giornalista debba sempre documentare ciò che accade, senza dare un’interpretazione dei fatti».
Una piccola delusione che però non scoraggia Geraldine e che la indirizza invece verso la sua strada, quella dell’arte contemporanea. «Dopo la laurea di primo livello mi sono iscritta alla specialistica in Arti e produzione multimediale e ho cominciato a realizzare che era proprio l’arte, la stessa che mi aveva accompagnato fin da bambina, il mio mondo». Nel 2008 il fratello Jerome decide di lasciare lo studio del padre per dedicarsi a un progetto tutto suo, una galleria di arte contemporanea. Geraldine lo segue per il mondo alla ricerca di artisti e proprio in uno di questi viaggi incontra Federico Solmi, artista italiano che vive e lavora a New York dal 1999, vincitore del Guggenheim Awards 2009 nella categoria audio-video. Sarà proprio lui a darle la possibilità di svolgere il suo stage curricolare nella sua galleria newyorkese, tra ottobre e gennaio di quest’anno. A poco più di un mese dal suo ritorno a Milano, Geraldine ricorda con entusiasmo questa sua esperienza: «New York è il centro dell’arte contemporanea, è una città che da molte opportunità non solo lavorative, ma anche di conoscenza. Ho avuto la possibilità di conoscere moltissimi artisti, direttori di musei e gallerie, curatori, e mi sono resa conto che l’importanza di questa città nel mondo dell’arte è data non solo dall’altissimo livello qualitativo, ma anche da un modo di agire e di pensare più dinamico. Milano sta facendo moltissimo per l’arte contemporanea, ma purtroppo ci sono troppi pochi fondi. Dovrebbe prendere esempio da altre città europee come Berlino o Basilea, dove gli artisti sono sovvenzionati dallo stato nella realizzazione delle opere». Nel futuro di Geraldine ora c’è la laurea specialistica, con una tesi in museologia sulla concezione dello spazio nei musei americani. E poi l’idea di continuare a studiare per far crescere la sua galleria. Senza dimenticare il suo primo amore, quella per la scrittura: «Anche se il giornalismo non è la mia strada, scrivere è sempre una delle mie più grandi passioni. Per questo mi piacerebbe molto collaborare con riviste di settore, conoscendo ogni giorno nuovi artisti. In fondo, con l’arte, non si smette mai di imparare».