di Simone D’Avvocato *
I bambini, la strada, la vita senza artifici: tre espressioni per dire Honduras e raccontare la mia esperienza di volontariato. Un tuffo in una realtà sconquassata e spigolosa, vissuta e assorbita attraverso la gioia di vivere dei bambini della Fondazione “Sampedrana del niño”, che mi hanno accolto come un fratello da introdurre alla conoscenza della strada, delle sue insidie e del modo di aggirarle. Sì, perché dall’altra parte del globo la strada è più di una semplice metafora della vita: è il set principale che, da sfondo e scenografia, si trasforma in protagonista. I bambini con la semplicità, la purezza e la chiarezza dei saggi, oltre che con le loro poche parole, mi hanno fatto incontrare la trasparenza dell’essenziale, forti della consapevolezza della fortuna di essere finiti dalla parte buona della strada, quella della scuola e dell’educazione.
Grazie a questi piccoli ho potuto scoprire la povertà genuina e, oserei dire, gioiosa, apprezzandola come poche altre cose. Soprattutto se rapportata alla povertà drammatica di chi resta dall’altra parte della strada, con le mani vuote di cibo ma piene di disperazione e con la triste probabilità di finire nella rete della droga e delle armi fornite dalle tante Maras, le gang che si spartiscono il territorio. Tutto ciò nella completa indifferenza della piccola classe benestante, composta per lo più da politici corrotti e uomini d’affari poco trasparenti: niente di nuovo neanche per noi europei, figurarsi in una tra le tante “repubblica delle banane” dell’America latina, che proprio l’anno scorso ha visto consumarsi l’ennesimo colpo di stato. Come se il disordine sociale, politico ed economico non fosse già abbastanza. Come se fosse necessario degradare ulteriormente la già miserabile condizione della povera gente ossia la maggioranza, visto che è la diseguaglianza a farla da padrone.
Per fortuna l’altro lato della strada, quello della speranza, pullula di persone che credono nel cambiamento e nella possibilità di migliorare le cose. Qui c’è chi lavora con abnegazione per la prevenzione e il recupero di bambini e adolescenti che vivono in condizioni disumane, alle prese con la fame e il vagabondaggio, sempre tentati dalla droga e dalla malavita che all’apparenza si presentano come la migliore exit-strategy. Ho avuto l’onore di affiancare i volontari della fondazione Sampedrana del niño, che lavorano per offrire a quelle straordinarie creature più che una speranza, una possibilità concreta, un’alternativa di vita dignitosa a una miserabile e disumana che per i più è la norma. Ho provato la gioia del servizio, della condivisione e della collaborazione. Ho avvertito la ricchezza dello spirito come un senso straripante di riempimento dovuto al fatto di sentirmi mezzo di un fine più grande. Ho capito che il benessere non si può misurare solo con il Pil di un paese o il reddito pro-capite. E se studiare è un modo per conoscere ed avvicinarsi alla verità, allora sento di poter dire che quest’estate ho studiato come non ho mai fatto, senza avere bisogno di aprire un libro.
* 24 anni, di Bari, secondo anno di laurea specialistica in Economia – sede di Milano, collegio Augustinianum