di Benedetta Izzi
Quando Chiara Cerletti e Giovanni de Gaetano mi hanno prospettato l’opportunità di fare un’esperienza scientifica all’estero, non ci ho pensato due volte e sono salita sul primo aereo, direzione Belgio. Da quattro anni a Lovanio, nelle Fiandre, presso l’Università Cattolica più antica del mondo (è stata fondata da papa martino V nel 1425) nell’ambito della mia tesi di dottorato. In particolare i miei studi riguardano un gene importante per lo sviluppo umano che si chiama GNAS. Questo gene, molto complesso, può presentare, in alcune condizioni patologiche, sia mutazioni della sequenza del DNA, sia alterazioni funzionali (come la metilazione) che alterano l’efficienza del macchinario di produzione della proteina controllata dal gene stesso. Il mio compito è di studiare ulteriormente queste mutazioni/alterazioni in patologie in cui esse sono già note parzialmente, ma soprattutto di individuare delle nuove patologie, più rare, ma non per questo meno importanti. L’originalità della mia ricerca risiede nel fatto che tutto è cominciato dalle piastrine del sangue, vecchie conoscenze del gruppo dei Laboratori di ricerca di Campobasso.
Dal Molise alle Fiandre. Le differenze riguardano soprattutto la presenza di un ambiente internazionale che qui viene sostenuto e incentivato dalle istituzioni nazionali e regionali. E poi la possibilità di utilizzare i macchinari più all’avanguardia e le tecnologie più innovative. Soprattutto vorrei sottolineare la stretta collaborazione tra ricerca di base e mondo clinico: nell’ospedale universitario dove lavoro ricercatori e medici si affiancano con estrema naturalezza. Una cosa che trovo qui in Belgio e che ho già respirato per la prima volta nei Laboratori di ricerca di Campobasso è la passione, l’entusiasmo, ma anche la professionalità e l’umiltà di scienziati che hanno fatto e fanno la storia della ricerca europea e trasmettono questo grande bagaglio culturale a noi giovani, mettendoci al centro di tutto il lavoro. I Laboratori di Campobasso sono in questo senso una riproduzione perfetta della realtà avvincente della ricerca europea.
La ricerca in Belgio. In questo Paese la ricerca è considerata un motore importante che fa progredire e sostiene l’economia del Paese. Avere ricercatori di qualità non torna solo a beneficio del mondo scientifico, ma ricade con effetti rilevanti anche sui mercati economici attraverso la produzione di innovazione e di brevetti senza dimenticare la stretta collaborazione che poi ne deriva tra università, ricerca e industria. Esistono diverse modalità di finanziamento sia da parte del governo centrale che da quello regionale. E’ soprattutto il governo regionale quello che sostiene la ricerca in modo molto determinante, sia indirettamente (sostenendo l’università) sia direttamente (finanziando progetti mediante bandi realmente competitivi).
Opportunità. Dopo quasi 4 anni trascorsi in questo Paese, ho avuto la possibilità non solo di conoscere la realtà belga vivendola in prima persona, ma anche di avvicinarmi alle realtà di tanti altri Paesi europei. Direi che la differenza principale tra l’Europa e l’Italia sta nel fatto che qui considerano chi fa ricerca con la dignità di un lavoratore a tutti gli effetti che per questo, riceve rispetto e tutela soprattutto dalle istituzioni. Questo in Italia mi pare che manchi, perciò tanti giovani, dopo anni di sacrificio e studio fatto con grande passione, abbandonano il nostro Paese.
Tornare o restare? Tanti sarebbero i motivi che mi spingerebbero a rimanere dove sono: la sicurezza economica ma soprattutto lo stimolo alla passione per il proprio lavoro, da parte di istituzioni pubbliche e della stessa università. Tuttavia non cercare di migliorare la situazione della mia regione mi sembrerebbe egoista e infruttuoso. Voglio credere perciò che tornando in Italia ritroverò in enti pubblici e privati della mia terra persone illuminate pronte a mettersi in gioco con me per cambiare lo status quo. Questo è un grande sogno, me ne rendo conto, ma voglio almeno provare a realizzarlo.
Fuori dal laboratorio. Lovanio è una città molto ricca culturalmente che offre un ampio spettro di attività soprattutto per i giovani studenti. Io in particolare adoro la musica, e in questo momento sono entrata a far parte di una orchestra sinfonica che si chiama SOFYA (Symphonic Orchestra for Young Amateurs). In più sono impegnata in un’associazione che si chiama Giovani per un Mondo Unito, con la quale organizziamo spesso attività artistiche per promuovere la pace e l’interculturalità. Approfittando poi della ricchezza linguistica di questo Paese (si parlano ufficialmente ben 3 lingue: fiammingo, francese, tedesco), mi sono dedicata allo studio del fiammingo e del francese, che mi piacciono moltissimo e che mi hanno permesso di conoscere meglio la gente del posto.