di Caterina Dadà, Silvia Mazzocchin, Manuela Robles *
Tre settimane sono già passate eppure allo stesso tempo sembra secoli che siamo in India. Il traffico caotico, le mucche in mezzo alla strada, il suono incessante dei clacson, gli occhi della gente che ci seguono incuriositi dal nostro aspetto occidentale. Non ci stupisce più niente. Quello che ci aveva travolto appena arrivate ormai è diventato parte della nostra nuova vita indiana. Quello che abbiamo vissuto è davvero tanto, ci riempie gli occhi e i pensieri. Vogliamo quindi scrivere ricordi e impressioni volanti di queste tre intense, vivaci e colorate settimane indiane.
Bala Vikasa: l’organizzazione non governativa che ci ha ospitato. Ha come “mission” lo sviluppo delle comunità locali. Il suo approccio non è basato sul devolvere semplicemente fondi, ma sul rendere la popolazione protagonista del cambiamento. Passione, entusiasmo e disciplina sono le sue qualità.
Cddc: Community Driven Development Course. Si tratta del corso di due settimane a cui abbiamo partecipato insieme a operatori di organizzazioni non governative provenienti da Bangladesh, Sri Lanka, Afghanistan, Cambogia, Kerala, Uganda e Tanzania. Abbiamo scoperto che i punti chiave per la riuscita di un progetto di sviluppo sono la partecipazione della comunità al processo di sviluppo e la valorizzazione delle risorse locali e delle capacità di ogni singolo individuo.
Visite sul campo: abbiamo avuto la possibilità di toccare con mano quello che durante il corso imparavamo teoricamente. Questi sono alcuni dei progetti implementati dal Bala Vikasa che abbiamo visitato:
- Water project: per quanto a noi possa sembrare scontato aprire il rubinetto e lavarci le mani, in India questa semplice azione quotidiana richiede camminare fino al pozzo, riempire le taniche d’acqua e riportarle indietro sulla schiena. L’intervento del Bala Vikasa in questi villaggi si articola attraverso incontri per mobilitare la popolazione e creare consapevolezza, raccolta fondi da parte della popolazione stessa e sostegno della Ong durante tutta l’implementazione.
- School program: che grande gioia assistere a un’assemblea scolastica in cui i bambini prendono la parola ed espongono quello che con il loro impegno sono riusciti a ottenere. Responsabilizzazione, cooperazione e sensibilizzazione a temi come il rispetto dell'ambiente e l'educazione sono gli obiettivi di questo programma.
- Organic farming: il progetto di coltivazione priva di fertilizzanti chimici promosso dalla Ong ci viene spiegato in modo avvincente da un uomo che dopo una vita nel commercio di fertilizzanti si è convertito all’utilizzo di metodi biologici. Pratiche che risalgono alla tradizione contadina, per una produzione di ortaggi e frutta che si pongono sul mercato in modo competitivo, senza depauperare la terra.
- Widows: uno dei progetti più riusciti del Bala Vikasa, ma anche una delle sfide più grandi, perché si scontra contro una tradizione millenaria che prevede una totale emarginazione sociale delle vedove. Il futuro e il cambiamento passano attraverso le donne e sull'ambizioso e arduo compito di portare al cambiamento della mentalità imperante.
- Water purification plantation: accolte da tamburi, ghirlande di fiori e donne sorridenti, abbiamo inaugurato, insieme agli abitanti di un piccolo villaggio sperduto nella campagna indiana, il sistema di purificazione dell'acqua che avrebbe cambiato la loro vita quotidiana. Insieme al capo del villaggio abbiamo spaccato la noce di cocco (cerimonia tipica di buon auspicio) davanti all'entrata dell'edificio per la purificazione dell'acqua. Ecco come sperimentare appieno la gioia di vita, l'entusiasmo e la formidabile accoglienza del popolo indiano.
Ma l'India è stato anche altro. È stata scoperta, piccole avventure quotidiane, lievi sbalordimenti, incontri, strette di mano e sorrisi che ci hanno accompagnato per tutto il nostro tragitto.
Ciapati: specie di piadina indiana che accompagnava immancabilmente insieme al riso i nostri pasti mangiati rigorosamente con la mano destra. Da notare che è di cattivo gusto leccarsi le dita a tavola.
Auto (pronuncia: otò): specie di taxi/risciò che invadono ogni strada indiana, colorandole di giallo. Pur avendo formalmente quattro posti, può arrivare a trasportare anche 18 persone, fino a 25 se si tratta di bambini che escono da scuola.
Saudaci: il “Pierino” indiano, immancabile protagonista delle barzellette indiane che accompagnavano le nostre lezioni e le serate al Bala Vikasa.
Mucche: enorme quadrupede, unico e incontestato padrone delle strade indiane. Sul suo dorso, specie di gobba per dare passaggi ai volatili pigri. Tutti i veicoli deviano al suo passaggio. Da notare che per i pedoni non vi è lo stesso trattamento: l’attraversamento pedonale per i non esperti può richiedere anche mezz’ora, se non la vita. È il mezzo di locomozione di Shiva, uno delle maggiori divinità del pantheon induista.
Sari e churido: i due principali capi di abbigliamento indiani che colorano ogni angolo dell’India. Il sari è l’abito delle grandi occasioni e delle donne sposate.
Musica nell'aria: forse ci si può accorgere di essere davvero in un altro mondo solo chiudendo gli occhi e venendo avvolti non solo da suoni di clacson, ma da echi lontani di preghiere hindu, da canti di adorazione, da grida di muezzin che chiamano alla preghiera, da un sottofondo ricco e musicale che accompagna ogni ora del giorno e della notte. Un'esperienza sonora e unica che incarna in sè la formidabile convivenza di culture, tradizioni e religioni diverse.
Chissà da cosa siete stati travolti leggendo questi nostri fulminei racconti. Forse da entusiasmo, curiosità, sorrisi divertiti, tante domande, voglia di partire. Che è quello che un po' ha travolto noi, che è stato proprio il segno che rimarrà di questa incredibile e inaspettata esperienza. La scoperta di un nuovo popolo, di una nuova terra, di nuovi modi di guardare al futuro, dell'imprescindibile importanza della collaborazione, della forza della speranza e della convinzione del poter cambiare, del poter credere nei proprio sogni. In India forse non abbiamo solo visto la strada di un popolo che si muove verso nuovi orizzonti ma abbiamo riscoperto in modo più vivo e vero quella che per ognuna di noi è la strada verso il futuro.
* Caterina Dadà, 21, di Fosdinovo (Ms), secondo anno della laurea triennale Scienze Linguistiche - Esperto per le Relazioni internazionali, Collegio Marianum; Silvia Mazzocchin, 22 anni, di Viggiù (Va), terzo anno della laurea triennale Scienze Linguistiche - Esperto per le Relazioni internazionali; Manuela Robles, 24 anni, di Teramo, secondo anno della laurea magistrale in Scienze Politiche e Sociali - Relazioni Internazionali. Tutti della sede di Milano.