«Sfatiamo un luogo comune: dire che “i giovani vanno riportati al cinema” non è corretto, perché i giovani ci vanno. La sala rimane per loro un punto di riferimento». Parola di Francesco Toniolo, autore insieme a Mariagrazia Fanchi, Fabio Introini e Alessandro Rosina della prima parte del Rapporto Cinema 2019, realizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo in collaborazione con l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo e la Sezione Cinema del Dipartimento di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo dell’Università Cattolica. Una disamina approfondita sui trend di consumo della Generazione Z, la prima vera generazione nativo-digitale.
La ricerca, condotta su un campione di 822 ragazzi e ragazze fra i 10 e i 19 anni, offre una ricostruzione delle abitudini di fruizione dei più giovani, con particolare riferimento sia all’intreccio fra cinema e dinamiche relazionali interne alla famiglia, sia all’influenza delle pratiche di fruizione cinematografica sui processi identitari, gli immaginari e le relazioni sociali.
«La Generazione Z si conferma grande consumatrice di aiudiovisivo» ha spiegato Francesco Toniolo. È proprio la categoria dei giovani e dei giovanissimi a dimostrarsi più fedele alla sala, si legge nel Rapporto: “Le ragioni risiedono certamente nella maggiore disponibilità di tempo di tali fasce d’età, nell’azione di mediazione svolta dalla famiglia e, in secondo ordine, dalla scuola, ma anche nella loro capacità di mettere in dialogo tecnologie e ambienti di visione differenti, ridefinendone valori e significati”.
«Gli “Z” hanno una “cultura” cinematografica incredibile. La metà di loro si vedono 1/2 film alla settimana, con un’accessibilità che non ha precedenti» fa notare la professoressa Maria Grazia Fanchi, direttrice dell’Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo (Almed). Questa generazione mostra un “tappeto” di contenuti filmici a cui tutti accedono indipendentemente dal titolo di studio, da dove abitano, se sono maschi o se sono femmine. C’è un consumo di cinema che non ha eguali».
Insomma, siamo di fronte a dei ragazzi onnivori, divoratori di cinema al limite della bulimia. Il motivo? «Sono in grado di utilizzare in modo trasversale tutti i touch point che hanno a disposizione» aggiunge la professoressa Fanchi. «Sono completamente alfabetizzati perché sono la prima generazione nativa digitale e hanno una familiarità molto alta con tutti i device attraverso cui fruire i contenuti filmici e in generale audiovisivi».
Anche il diffondersi della visione caratterizzata da comfort domestico, come le piattaforme, non “sembra fare concorrenza alla sala cinematografica, ma forse si congiunge a essa in un processo di reciproco rafforzamento”. E neppure subisce il rischio della pirateria, «avendo ormai a disposizione – come afferma FrancescoToniolo - uno streaming legale e a prezzo relativamente economico come Netfix e simili».
L’accesso trasversale ai contenuti filmici cambia anche i criteri di scelta del film: «Non conta il regista e non contano più neanche gli attori, con buona pace del “fenomeno divistico” che in passato aveva un peso fondamentale», ha spiegato ancora la direttrice dell’Almed.
Alla domanda “Come ti piace vedere i film?”, gli Zeta mettono in cima alle loro preferenze la sala cinematografica. Tra le motivazioni della scelta, mettono soprattutto il grande schermo, l’impianto sonoro e i sedili comodi. Anche se, come specifica la professoressa Fanchi, c’è molto di più: «Questa versatilità multicanale di accessibilità continua a rimandare alla sala, che rimane lo spazio elettivo di consumo non solo per gli elementi che i ragazzi mettono in testa alle preferenze ma anche per quel di più sociale, relazionale e rituale che il consumo in sala porta con sé».