di Gianni Sibilla *
«Perché Sanremo è Sanremo»: quando si deve spiegare il Festival si ricorre sempre al vecchio slogan di Pippo Baudo. Quando è venuto recentemente nella nostra Università, l’ha usato anche Tonino Manzi, maestro delle cerimonie della Sala Stampa dell’Ariston, uno dei più grandi conoscitori dei meccanismi della manifestazione.
Già, ma perché Sanremo è Sanremo?
Ogni anno le domande che ci si pone attorno al Festival sono più o meno sempre le stesse. Da molto tempo lo studio e lo analizzo assieme ai miei allievi del master in Comunicazione musicale e lo frequento in Sala stampa da giornalista per Rockol. Provo a rispondere ad alcuni quesiti - lasciando per ultima la domanda più banale - quella che poi alla fine conta davvero, quella che mi fanno regolarmente quando si avvicina febbraio. Chi vince quest’anno?
Perché Sanremo è ancora così rilevante?
Per i numeri. Nessun altro evento dello spettacolo e dei media in Italia è in grado di fare le cifre del Festival, sia in termini di audience Tv (nonostante gli inevitabili alti e bassi dovuti alle varie formule - la versione di Carlo Conti dell’anno scorso è andata benissimo), sia in termini di conseguenti investimenti pubblicitari (che ripagano abbondantemente i costi), e ovviamente anche in termini di engagement sui social network: il loro arrivo negli ultimi anni ha portato alla luce la dinamica tipica nei confronti di Sanremo: tutti ne parlano male, ma tutti ne parlano. I numeri del Festival su Twitter, Facebook e sugli altri social ne sono la dimostrazione lampante.
Sanremo va in onda in prima serata sulla principale rete generalista della Tv Italiana, RaiUno. Ma va ben oltre le 20-25 ore di diretta delle cinque serate. Ogni anno sono accreditati migliaia di giornalisti, arrivano centinaia di radio a trasmettere dalla riviera, decine e decine di trasmissioni Tv vengono prodotte a corredo del Festival. La quantità d’indotto mediatico che genera è impressionante: ogni mattina ai giornalisti in sala stampa è fornita una rassegna di centinaia di pagine - e riguarda solo la carta stampata.
Sanremo è quello che, nelle scienze della comunicazione, si definisce un “Media Event”, dove l’evento vale in funzione soprattutto di quello che genera prima, durante e dopo. Come gli Oscar, il Superbowl, i Grammy…
Il Festival di Sanremo è Tv o musica?
Questa domanda viene solitamente girata in un’affermazione: “A Sanremo la musica non conta abbastanza”. È il “Festival della Canzone Italiana”, ma è prima di tutto un programma Tv, che segue le regole della spettacolarizzazione e della narrazione del piccolo schermo.
È Tv fatta con la musica, ma serve il contorno: i comici, le vallette, gli ospiti, le polemiche… Poi, certo, lo spettacolo può essere più o meno valido, può piacere o meno. Ma attorno alle canzoni Sanremo costruisce dell’altro.
C’è chi si stupisce che nel cast di quest’anno più della metà dei concorrenti “Big” arrivino dalla Tv: ex-talent o ex-giudici di talent. Ma è inevitabile, visto che è un festival che si fa in televisione e non a Woodstock. Sanremo non è e non può essere il luogo del rock o di generi di nicchia - anche se il cast di solito viene composto riservando delle “quote” a proposte meno mainstream.
Perché i cantanti vanno a Sanremo?
I dati dicono che il Festival non fa vendere dischi (che comunque, ormai, si vendono molto meno a prescindere) e spesso le radio passano poco le canzoni del festival, dopo la rassegna. E allora?
I cantanti vanno a Sanremo per la visibilità: per lanciare un disco e fare in una settimana la promozione che solitamente si fa in molto più tempo (sebbene in una settimana in cui tutti, per una volta, parlano troppo di musica). Oppure per rilanciare un disco già uscito da tempo (molti escono nei giorni del festival con una riedizione dell’album a cui aggiungono qualche canzone, tra cui quella in gara). Oppure ancora per dichiarare un ritorno sulle scene da cui mancano da tempo, o per (ri)lanciare una carriera.
E, in alcuni casi, funziona: il vincitore morale dell’anno scorso è Nek, che ha rilanciato una buona carriera grazie a una canzone che su quel palco funzionava ed era trascinante. La storia che ci è stata raccontata di più è quella de Il Volo, i tre ragazzi scoperti dal regista Roberto Cenci a “Ti lascio una canzone” e lanciati da Tony Renis all’estero, che avevano bisogno di farsi conoscere in Italia. E ci sono riusciti.
Chi vince quest’anno?
Le teorie complottistiche sul Festival abbondano da sempre - e non si può certo escludere che qualche manipolazione del risultato sia davvero avvenuta negli anni - magari con metodi più raffinati e sfumati di quelli che si raccontano in giro. Il dato reale, però, è che Sanremo ha un regolamento che varia di anno in anno, e che ovviamente influisce sul risultato finale: per esempio, gli anni in cui contava di più il televoto sono stati dominati dai reduci dei talent, che hanno già un seguito di fan televisivi.
L’anno scorso e quest’anno il sistema è un misto di voto della sala stampa, televoto, una giuria demoscopica e una giuria di esperti. L’anno scorso si dava per vincente sicuro Il Volo per la presa sul pubblico di RaiUno, ma la sua vittoria fu meno netta del previsto, per il voto contrario della giuria di esperti e della demoscopica.
Quest’anno è decisamente più difficile dire come andrà: ci sono artisti che hanno un forte e agguerrito fandom: Valerio Scanu, Francesca Michielin, Debora Iurato (vincitrice di Amici, in coppia con Giovanni Caccamo, vincitore tra i giovani l’anno scorso). Noemi può essere l’outsider come Malika Ayane nel 2015 (terza). Ci sono artisti veterani della manifestazione come Arisa. E ci sono gli Elio e Le Storie Tese, in gara con un brano funambolico, fatto solo di ritornelli - che certo non annoierà.
Ma poi, alla fine, conta davvero chi vince il Festival? E vi ricordate ancora chi ha vinto due o tre anni fa?
* direttore del Master in Comunicazione Musicale e giornalista di Rockol.it