Apprendere nei luoghi di lavoro, lavorare nei luoghi di apprendimento. Così si presenta l’Alternanza scuola lavoro (Asl) in Università Cattolica. Quella che è ormai una realtà per il sistema scolastico italiano, lo è in modo evidente anche per il nostro Ateneo che, a partire dalle prime sperimentazioni dell’anno 2014-2015, ha incrementato sempre più questa forma di collaborazione con gli istituti superiori.
Basti pensare che in un solo anno ha fatto registrare un balzo superiore al 65% di studenti accolti in tutti i campus dell’Ateneo. Nell’anno accademico 2017-2018 sono stati 1.137 a fronte dei 687 del 2016-2017, mentre le scuole coinvolte sono aumentate da 68 a 96.
I dati si riferiscono, ovviamente, a due diverse, ma non alternative, modalità di attuazione della legge 107/2015, che impegna tutte le istituzioni scolastiche dell’intero territorio nazionale, e non solo gli istituti tecnici e professionali, ad attivare modalità di apprendimento flessibili che connettano in modo sistematico la formazione in aula e l’esperienza pratica.
Il primo canale è quello dell’inserimento degli studenti dell’ultimo triennio delle scuole superiori negli uffici e nei servizi dell’Università: dal Centro di Ateneo per la solidarietà internazionale (Cesi) all’Ufficio Stampa e media, dall’Ufficio internazionale alla biblioteca, dalle risorse umane all’editrice Vita e Pensiero.
«Ai ragazzi l’Università non vuole proporre un “contratto a tempo determinato”, ma l’inizio di un percorso grazie al quale orientarsi consapevolmente nelle scelte successive al diploma» spiegano al Servizio orientamento, che gestisce in tutte le sedi l’Asl. «Lo studente in Alternanza, infatti, si ritrova al centro di un progetto che – integrando sapere e saper fare – lo aiuterà ad avvicinarsi sia al mondo dell’Università sia al mondo delle professioni».
Lo conferma Simone Robbiati, 18 anni, studente del Liceo classico “Maiorana” di Desio (Mi), che è al secondo anno di Alternanza in Università Cattolica: «L’anno scorso sono stato accolto nell’Ufficio comunicazione e quest’anno in Biblioteca. Sono convinto che l’Asl sia un’esperienza utile se gestita bene. Per me è stato così e posso dire che l’incontro con il mondo del lavoro è stato positivo. Tanto che sono tornato».
La seconda modalità per dare seguito alle richieste della legge 107/2015 è quello delle attività didattiche con i docenti dell’Ateneo, che prevedono dei moduli di lezioni in Università a cui far seguire una restituzione operativa in classe. Sei i progetti finora avviati: tre con la facoltà di Lettere e filosofia (Le parole dell'arte. Il pensiero degli artisti in un nuovo archivio digitale; Il lavoro del ricercatore. Alla scoperta di documenti e figure storiche; Narrare la ricerca in filosofia.
Un approccio multidisciplinare), e gli altri con Giurisprudenza (La sicurezza sul web. Cyberbullismo e problematiche di genere), Psicologia (Buone pratiche per l'inclusione a scuola. Lezioni e laboratori) e Scienze della formazione (Sport individuali tra teoria e tecnica. Lezioni e laboratori sportivi).
In qualche caso si è instaurata anche una proficua collaborazione tra gli studenti e gli universitari. La professoressa Stefania Vitulli, docente di Economia e gestione della comunicazione pubblicitaria, ha coinvolto una classe dell’Istituto San Nazaro di Bussero (Mi) nell’ambito di un’iniziativa destinata ai suoi studenti del corso di laurea triennale in Linguaggi dei media, chiamati a elaborare dei progetti che sarebbero stati valutati da una giuria composta da TIM e dall'Osservatorio Branded Entertainment. Davanti a questi esperti ha potuto presentare il proprio lavoro anche una studentessa dell’istituto superiore.
«Tim si è mostrata molto soddisfatta di questo progetto» afferma la professoressa Vitulli. «È stato il giusto premio per la grande passione che i ragazzi hanno scoperto nel fare qualcosa di concreto». Che è esattamente il senso dell’alternanza.