L’Italia ha bisogno di professionisti dell’arte, di giovani che si appassionino ai mestieri dell’arte per valorizzare il ricco patrimonio italiano. Professionisti che si occupino di quel lavoro di back office caratterizzano da costumisti, light designer, addetti ai restauri, creativi che sanno usare le mani ma che spesso non vengono considerati perché si confondono con il prodotto finale. Questo spesso porta a perdere le eccellenze, costringendoci a prendere giovani dall’estero.
È quello che è emerso nell’ultimo appuntamento dell’Open week master e Postlaurea dedicato alle professioni della cultura, moderato da Anna Penati, diplomata della Scuola di specializzazione in Beni storico artistici e responsabile organizzativa Neiade.
Che valore ha la formazione post laurea nel settore culturale? Un ambito di difficile inserimento che chiede una formazione multidisciplinare che va oltre quella studiata durante il percorso di laurea. «Bisogna incentivare i mestieri legati alla cultura e all’arte perché nel nostro Paese non sono considerate delle vere e proprie professioni» afferma Paola Fandella, direttrice del master in Museologia, museografia e gestione dei beni culturali.
«Con i master cerchiamo di creare dei professionisti in grado di valorizzare queste figure creative. Per esempio nel teatro lirico, un’eccellenza italiana nel mondo, le opere possono essere date solo in forma di concerto, ma solo pochi sanno che Violetta indossa un bell’abito di Dolce e Gabbana nella Traviata in scena in questi giorni. Nel settore anglosassone per esempio tutti i professionisti dei mestieri della Royal Opera House vengono mostrati al pubblico. Lo stesso avviene con gli allestimenti al British museum dove prima dell’inaugurazioni vengono mostrati i lavori che ci stanno dietro. Ciò valorizza i lavoratori e allo stesso tempo le pubblicizza fra i giovani. Con il master facciamo vedere tutte le professionalità che ci stanno dietro le mostre e gli spettacoli. Entri nel cuore delle istituzioni così li valorizzi e ti accorgi di tutto ciò che serve per creare un effetto. Abbiamo bisogno di individuare dei professionisti che si occupano di arte, ma contemporaneamente abbiamo bisogno di altri professionisti per valorizzare i primi. Due settori che si alimentano a vicenda e possono contribuire a valorizzare il nostro patrimonio e danno lavoro ai giovani».
Edoardo Roberto Barbieri, direttore del master in Professione Editoria, riprende l’affermazione dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini: la questione del pensare sembra un po’ fuori moda e persino un po’ bizzarra eppure è centrale nella nostra epoca. Professioni quindi dove al centro c’è il pensare alla cultura umana. Cultura come patrimonio, ma anche come pensiero.
Come sta cambiando il lavoro nelle redazioni? «In Cattolica sono attivi due master relativi all’editoria, Professione Editoria cartacea e digitale e Booktelling, sulla comunicazione dei prodotti editoriali, perché è il più grande comparto di produzione culturale in Italia, come fatturato, e Milano è al centro. L’editoria, dopo il blocco della pandemia, si è ripresa dando prova di grande attivismo e creatività anche online. La maggior parte dei libri è ancora cartaceo ma sono il prodotto di un processo digitale. Questo vuol dire occuparsi di una molteplicità di fenomeni che rendono la figura del redattore e o della comunicazione del prodotto editoriale. La collocazione nel campo del lavoro ripaga chi fa il master perché inserisce nel mondo del lavoro grazie anche a docenti che sono professionisti del settore e ai numerosi stage attivati dai due master.
Nel settore dell’arte, invece, si è imposta sempre più la figura del mediatore per avvicinare il pubblico all’arte. Cecilia De Carli, già direttrice del master in Servizi per il patrimonio artistico, dei musei storici e di arti visive: «Formiamo mediatori, responsabili dei percorsi educativi, per progettare percorsi per tutti i pubblici perché abbiamo capito che il godimento del patrimonio culturale è un diritto per tutti. Il museo è un’occasione straordinaria per interferire nelle professioni comuni. Per esempio molte persone vanno al museo nella pausa pranzo, partecipano alla lettura di un’opera, alla scoperta di una parte del museo: questo agisce sulla loro cultura generale ma anche sulla loro professionalità. Le opere, il patrimonio, il paesaggio appartengono alla vita di tutti i giorni. La definizione del museo oggi è molto diversa rispetto a quelle precedente, è un’istituzione permanente che opera in un sistema di relazioni al servizio della società».
La novità quindi è accessibilità, sostenibilità, relazione sociale che permette a questo ambito del patrimonio di intessere delle relazioni che possono essere utili per tutti, per la convivenza pacifica (opere inviate all’estero per avere la pace o relazioni). Un museo quindi che fa rete con il territorio. Un museo come luogo continuamente frequentato dai turisti che vivono la città. Serve un maggior coinvolgimento degli artisti come soggetti protagonisti di eventi.