L’ultima volta che sono andato a Roma c’erano 1.600 persone ad aspettarmi. Credevano fossi Stieg Larsson!» racconta divertito, in un eccellente italiano, lo scrittore svedese Björn Larsson, ospite di apertura della nona edizione di El día negro, la rassegna letteraria organizzata dal professore di Lingue ispano-americane dell’Università Cattolica Dante Liano. Con il più celebre autore della trilogia Millennium, oltre al cognome, ha altro da condividere: «Grazie al suo successo i gialli svedesi sono diventati molto di moda, per questo la mia editrice mi ha convinto a scriverne uno». I poeti non scrivono gialli, la sua ultima opera, è un giallo atipico, costellato di poesie di Yvon Le Men. «È un giallo che non cerca la suspense a tutti i costi perché quando ce n’è troppa spinge il lettore a sfogliare le pagine troppo velocemente e fa arrivare alla fine del libro con un po’ di rimorsi». Ha scritto un giallo, ma non è un amante del genere. Preferisce «la letteratura che aiuta a interrogarsi sul senso della natura umana». Perché «scrivere è un mestiere di solitudine, che fa venire l’angoscia di non valere niente. Un sentimento che noi svedesi conosciamo meglio di Sartre, che pure ci ha scritto un libro».
Dopo Larsson a salire sul palco è Horacio Castellanos Moya, scrittore ed ex giornalista honduregno. Stilisticamente è uno scrittore atipico per gli standard latinoamericani: «Il realismo magico mi piace ma non mi ci sono mai riconosciuto. Sono sempre stato più influenzato da scrittori più urbani, Salinger soprattutto». A livello biografico Castellanos è fortemente implicato con le convulsioni politiche che negli anni ’70 e ’80 hanno percorso il suo Paese e tutto il continente centroamericano. Castellanos comincia con un’affermazione forte: «La lotta armata è stata un’esperienza necessaria per il mio Paese e se oggi abbiamo una democrazia è perché un esercito ne ha messo in ginocchio un altro peggiore, quello fascista – spiega lo scrittore -. Con gli anni però una presa di distanza è necessaria perché nella guerra gli estremi finiscono per assomigliarsi». Quando racconta della sua scrittura torna sulla genesi di El asco, un testo che gli valse molte critiche in patria: «Non avrei mai pensato che qualcuno potesse considerarlo antipatriottico. Io lo scrissi di getto, senza un’idea chiara in testa. Era una sera di capodanno e mi ci dedicai anima e corpo solo per evitare di stare con i genitori della mia compagna».
Quando tira le somme della prima sessione di incontri, Dante Liano è visibilmente soddisfatto: «Entrambi gli scrittori sono stati molto comunicativi e densi. Anche l’affluenza è stata alta. Quest’anno El día negro si contraddistingue per la varietà e il cosmopolitismo degli ospiti. Vista l’affluenza credo che il pubblico stia apprezzando».