In piena fibrillazione per la giornata di debutto del film dell’anno, nella quale JJ Abrams sta alimentando il sogno che Star Wars possa ripartire da zero, facendo tabula rasa della (a dir poco controversa) Trilogia prequel, vale la pena mantenere la calma. E ricordarci non tanto come, ma perché siamo arrivati fino a qui. Immersi in quello che alcuni hanno definito “l’hype più hype di sempre”.
La vicenda lunga 40 anni che ci ha condotto dal primo Star Wars (1977) a oggi, in realtà, è stata (ri)raccontata con brillante sintesi dal Washington Post poche settimane fa, che ha ricordato come il giovane Lucas volesse, in qualche modo, trasferire alla fantascienza l’afflato etico del cinema western classico. Oltre che divertirsi con una macchina produttiva complessa, lui che veniva dal cinema sperimentale e da esperienze di budget minimali; non senza godere del piacere di rimescolare le carte di tante passioni personali, dalla letteratura di genere ai fumetti all’epica.
Ciò che però ci ha guidati fino a questo 16 dicembre 2015, va ben al di là del percorso individuale di un “immaginatore” di genio come Lucas. Ha a che fare, piuttosto, con ben altra genialità: l’abilità nel marketing da parte di Lucasfilm prima e Disney Company poi. Non solo, però. Perché a monte dei marketer, come sempre, ci sono i bisogni dei consumatori. E sono stati questi bisogni, esplosi sin dal 1977 in una reazione di inatteso entusiasmo, a costruire l’humus che ha nutrito l’hype di cui siamo spettatori sempre più consapevoli.
Quali ingredienti hanno potuto coltivare questo humus, dunque? Moltissimi, naturalmente. Ma almeno un paio mi sembrano più interessanti di altri.
Uno ha a che fare con la figura di Darth Vader. Che è rapidamente diventato il personaggio più rappresentativo, amato dai fans persino più del buon Luke Skywalker. Vader è diventato il villain per antonomasia del tardo XX secolo, icona del Male come frutto marcio dell’ambizione e della paura. Un uomo invischiato in un eccezionale complesso di Edipo, come svelò il memorabile finale de L’Impero colpisce ancora. Ma in fondo anche un Macbeth, per la hybris unita alla paura del futuro che emerge dalle angosciose premonizioni di Anakin. E più modernamente, un cyborg. Ovvero, un memento della pena che potrebbero comportare le nuove identità al confine tra uomo e macchina, in anni in cui Blade Runner e la fantascienza cyberpunk erano di là da venire, con i loro dilemmi sui supplizi generati dalla convivenza fra umanità e biotecnologia.
Il secondo ingrediente ha invece a che fare con la straordinaria complessità del ‘mondo’ della saga di Star Wars, co-costruita dalle produzioni amatoriali dei fans e dalle produzioni ufficiali. La creazione di Lucas ha infatti visto nascere e crescere quel che è stato chiamato Universo Espanso – dal 2014 ri-nominato Star Wars Legends – ovvero l’insieme delle narrazioni presentate in media altri da quello cinematografico ‘originale’. Una gamma di opere e prodotti di ogni tipo, dai romanzi ai videogames e soprattutto ai fumetti (la porzione più cospicua dell’Universo Espanso), che hanno indagato aspetti e dettagli di Star Wars nelle più diverse direzioni, dalle epoche più remote della saga alle avventure dei personaggi secondari, arricchendo il tutto con nuovi protagonisti, mondi, oggetti, conflitti e immaginari.
Per il futuro della saga, questi aspetti sono diventati certezze, più che sorprese. Dalla Trilogia prequel in poi, il protagonista dell’universo di Star Wars è diventato proprio Anakin Skywalker – il suo passato, la sua formazione, la sua crisi, il suo passaggio al Lato Oscuro – e Il Risveglio della Forza sarà interessante proprio perché dovrà andare oltre questo personaggio. D’altro canto, l’ampiezza dell’Universo Espanso continuerà ad alimentarsi di nuovi spin-off e prodotti, ma al contempo – dopo l’acquisizione della Lucasfilm da parte della Disney – dovrà trovare una nuova strada per governare una rete di riferimenti storici e testuali assai stratificata, e collocarvi all’interno le linee guida (sempre più “controllate”) per i suoi sviluppi futuri.
Una sfida che non avrà bisogno della “Forza”, ma di grande capacità di immaginazione e, insieme, coordinamento. Che è come dire: un lavoro enormemente complesso, che ci riserverà senza dubbio nuove luci e nuove ombre.
*Docente Laboratorio di Linguaggi Audiovisivi (corso di laurea COMeS), Università Cattolica