Il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni. La massima è di Alcide De Gasperi e sembra di grande attualità se commisurata alle democrazie del Ventunesimo secolo. Che mettono a rischio la loro stessa sopravvivenza se non sanno guardare lontano. Parola di Romano Prodi, ospite lo scorso 28 aprile dell’Augustinianum della Cattolica, quello stesso collegio che quasi cinquant’anni fa lo accolse giovanissimo studente della provincia emiliana. Ad ascoltarlo i suoi colleghi di oggi, ragazzi e ragazze dei diversi collegi milanesi dell’ateneo che, hanno partecipato al corso di studio sulla Storia della Repubblica. Ad accoglierlo anche molti amici del tempo, diversi dei quali, dalle stanze dell’Augustinianum, sono finiti direttamente nelle “stanze dei bottoni” della politica, dell’economia, dell’impresa e dell’università.
«Il dramma delle democrazie di oggi è il continuo riferirsi al breve periodo, senza una prospettiva a lungo termine, dato che si è sempre sotto elezioni» - ha detto l’ex presidente del Consiglio e della Commissione europea nella sua lezione magistrale, dopo il saluto del rettore Lorenzo Ornaghi, del direttore del collegio Matteo Caputo e del presidente degli “ex”, gli Agostini Semper, Nicola Messina. L'intervento del “professore” è stato l'occasione per alcune riflessioni sui temi caldi dell'attualità politica internazionale, soprattutto in chiave europea: dalla questione del debito pubblico greco, al raffreddamento della spinta europeista, passando per gli scenari globali che vedono come protagonisti Cina e Stati Uniti.
La lectio magistralis si è aperta con una riflessione sullo “stato dell’Unione”. Secondo Prodi le democrazie stanno correndo un rischio drammatico: «Le elezioni continue e ravvicinate accorciano di continuo l'orizzonte politico. I leader diventano così ostaggio dei sondaggi. Ho vissuto con colleghi che ogni mattina consultavano gli opinion pool e alle 12 facevano dichiarazioni in linea con queste rilevazioni. Questa non è leadership. Leadership è condurre, ma questo è farsi condurre. Non è democrazia, è populismo. Si lavora per la sopravvivenza politica nel breve periodo dimenticando che bisogna fare scelte difficili pensando a tempi più lunghi». Inevitabile il riferimento al salvataggio dalla bancarotta della Grecia. È assurdo, ha detto Prodi, che il destino di uno Stato dipenda dalle elezioni di una piccola regione della Germania. Che la decisione risolutiva sia slittata al giorno dopo le elezioni locali tedesche dimostra la miopia di una politica che è condotta dai sondaggi e da una campagna elettorale permanente. Senza contare che la Germania sta godendo dei benefici dell’Euro, visto che il poderoso attivo della sua bilancia commerciale viene proprio dai rapporti con la zona Ue. E che il salvataggio della Grecia è almeno 10-15 volte inferiore a quello delle grandi banche private. Un problema di entità limitata divenuto grande per la mancanza di volontà politica.
I rapporti tra stati membri e le dinamiche in continua evoluzione tra governi sono diventati lo spunto per una digressione nella storia recente, partendo dagli scenari creati dall'improvvisa caduta dell'Urss e l'annuncio del XXI secolo come quello della “fine della storia”. Per finire alla crisi del G8, divenuto G20 per far spazio alle economie in crescita e soprattutto alla Cina. Proprio il gigante asiatico è uno dei campi di maggiore interesse dell'ex presidente del Consiglio che da anni segue lo sviluppo delle dinamiche dell'estremo oriente. La Repubblica popolare è infatti, secondo Prodi, il primo caso al mondo di Stato che esporta contemporaneamente tecnologie, risorse e uomini sfruttando le praterie dell'Africa dove ha preso le redini degli appalti di un intero continente. Al termine dell'intervento il “professore” è tornato sul tema a lui più caro. «Uno studente americano – ha raccontato - mi ha chiesto se l’Europa è un laboratorio o un museo. Una domanda che coglie perfettamente il tempo che stiamo vivendo: dopo la fase di allargamento siamo in preda alle paure e siamo tentati di tornare ai nazionalismi. Nonostante i dati economici parlino di un continente primo al mondo, a livello politico siamo inesistenti». Il parallelo immediato è quello con gli stati del Rinascimento italiano, che eccellevano in ogni tipo di arte ma che sparirono ai tempi della prima globalizzazione, che Prodi colloca in corrispondenza della scoperta dell'America. «La paura di perdere il benessere – ha concluso prima di rispondere alle domande degli studenti e di intrattenersi con loro per le foto-ricordo tra “colleghi” - ha come conseguenza quella di perdere le occasioni per migliorare le proprie condizioni. E tutto questo si riflette nella vita quotidiana dove questo tipo di decadenza porta a perdere ogni tipo di potenzialità».