Alcuni alimenti e la composizione del pasto possono ridurre, aumentare o ritardare l’assorbimento di farmaci antineoplastici assunti per via orale. È questa la sintesi dello studio recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista European Journal of Clinical Pharmacology condotto dal gruppo di ricerca coordinato da Riccardo Riccardi, direttore dell’ Unità Operativa di Oncologia Pediatrica del Policlinico Gemelli. «Lo studio, basato sull’analisi delle segnalazioni riportate nella letteratura internazionale - spiega Antonio Ruggiero, dell’Unità operativa di Oncologia Pediatrica del Gemelli - è nato dalla necessità di comprendere le possibili interferenze di particolari alimenti sulle proprietà farmacologiche di composti antiblastici orali».
La biodisponibilità, ovvero la quantità di farmaco che raggiunge il circolo ematico disponibile per produrre un’azione farmacologia, è significativamente influenzata dalla modalità di assunzione del farmaco. La composizione del pasto e alcuni alimenti possono infatti ridurre, aumentare o ritardare l’assorbimento intestinale oppure modificare il metabolismo del farmaco agendo sugli enzimi della parete intestinale ed epatici. Ad esempio, la concentrazione ematica dell’etoposide orale, un farmaco generico chemioterapico, è ridotta del 50% quando assunto in concomitanza con succo di pompelmo. Queste potenziali interferenze riguardano anche farmaci con target molecolare, come l’erlotinib, che quando somministrato contemporaneamente a pasti iperproteici o ad alcuni vegetali richiede un aumento della dose del farmaco per ottenere la stessa efficacia in termini di citotossicità.
«Un’adeguata conoscenza dei potenziali effetti del pasto sul profilo farmacologico di un nuovo composto - afferma Riccardi - diventa indispensabile quando vengono pianificati studi sperimentali con antineoplastici orali i cui risultati potrebbero essere influenzati da questi effetti. Le interazioni farmacocinetiche tra alimenti e chemioterapici – spiega Ruggiero - debbono essere valutate per ogni singolo chemioterapico essendo complesse e non generalizzabili. Queste interferenze possono produrre modifiche della biodisponibilità, che comportano un aumentato rischio di fallimento terapeutico o, al contrario, un aumento di effetti indesiderati».