Uno studio che sfata tanti miti sulle mafie italiane ma, soprattutto, che si pone come valido strumento nella lotta alla criminalità. Alla base c’è una rigorosa ricerca scientifica che individua, quantifica e localizza gli investimenti delle organizzazioni criminali. Questo è il rapporto Gli investimenti delle mafie, realizzato dal centro di ricerca interuniversitario Transcrime dell’Università Cattolica con l’Università di Trento per il ministero dell'Interno e presentato nella cripta dell’Aula Magna della Cattolica a Milano il 16 gennaio.
Cinque gli aspetti focalizzati nel rapporto e illustrati da Ernesto Savona, docente di Criminologia dell’Ateneo. Il primo è l'individuazione territoriale delle mafie. La presenza mafiosa è stata studiata a vari livelli, da quello regionale a quello comunale, intrecciando cinque indicatori ricavati dalle attività giudiziarie. Quanto ricavano le mafie dalle loro attività illegali in Italia è invece la seconda domanda che ha guidato la ricerca: la media dei guadagni mafiosi si attesta su un 25,7 miliardi di euro l'anno, pari all'1,7 % del Pil nazionale. Il traffico di droga genera i maggiori introiti (7,7 miliardi di euro) seguito da estorsioni, sfruttamento sessuale e contraffazione (media 4,6 miliardi per attività). ‘Ndrangheta e Camorra sono le organizzazioni più ricche assicurandosi circa il 70 percento dei ricavi di tutte le mafie italiane. La mafia calabrese, inoltre, è l'unica che si assicura i maggiori proventi operando in altre regioni, in particolare al Nord.
Il terzo punto del rapporto scopre come e dove le mafie investono. Il settore immobiliare è il prediletto, ma anche nei settori edile, estrattivo ed alberghiero si riscontra una forte presenza mafiosa. Il rapporto si chiude con un'analisi sulle operazioni delle mafie all'estero e l'identificazione dei settori più vulnerabili agli investimenti criminali. Tra l’altro Transcrime ha ricevuto anche un finanziamento per un progetto europeo di due anni che terminerà alla fine del 2014 e che indagherà sulla presenza della criminalità organizzata in sette Paesi europei.
Tornando al Rapporto presentato, sono due gli strumenti forniti: l'indice di presenza mafiosa (Ipm), prima metodologia scientifica sviluppata in Italia per la sua misurazione, e il Mo.vu.s, un modello di valutazione del rischio di infiltrazione delle organizzazioni mafiose nei settori economici.
Alla presentazione del rapporto, introdotto da Guido Merzoni, preside della facoltà di Scienze politiche e sociali, ha partecipato Emanuela Garroni, appena nominata Autorità di gestione per il Programma operativo nazionale (Pon) sicurezza al ministero dell'Interno, che ha sottolineato l'importanza degli studi sulla allocazione delle risorse mafiose per individuare nuovi progetti di contrasto alla criminalità organizzata. «Il recupero di fondi dalle mafie – ha aggiunto – è obiettivo strategico del Pon 2007-2013».
La presenza e l'interesse del governo sono stati garantiti anche da Carlo De Stefano, sottosegretario all'Interno, che ha riportato i saluti del ministro Anna Maria Cancellieri, che ha sponsorizzato l'iniziativa: «Il lavoro condotto mirabilmente dal professor Savona e dai suoi collaboratori – ha detto – merita un'attenta lettura. La valutazione del rischio infiltrazione è la finalità dello studio. Auspico la più ampia diffusione del rapporto e che venga studiato non solo dalle istituzioni ma anche dagli investigatori e dai poliziotti per una visione qualificata del fenomeno mafioso». Per il sottosegretario due sono gli aspetti più sorprendenti del rapporto di Transcrime: l'approvazione sociale alle mafie sul territorio, obiettivo primario per avere il controllo; d’altra parte, la maggiore importanza che i mafiosi danno al consenso rispetto ai ricavi: «Alle mafie interessa più la presenza e il potere sul territorio rispetto al massimo profitto», ha spiegato.
Che lo studio sia utile anche per le inchieste lo ha confermato il vice capo della Polizia, Alessandro Marangoni: «L'investigatore – ha detto – deve poter disporre di strumenti per individuare le allocazioni degli investimenti mafiosi. Questo rapporto ha il merito di essere un'analisi scientifica certa, numerica». Marangoni ha sottolineato anche l'utilità della mappatura geografica delle organizzazioni criminali che è stata definita da Transcrime per colpire le attività economiche vitali per le mafie: «Il primo aspetto delle indagini – ha concluso – è l'individuazione delle organizzazioni e dei loro investimenti. I mafiosi, ormai, temono più il sequestro dei beni che il carcere».