Ricercatori della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica, servendosi della colonscopia, hanno guarito pazienti con una grave forma di diarrea batterica (da Clostridium difficile) altrimenti incurabile, trapiantando nel loro intestino la flora intestinale di donatori sani in una sperimentazione clinica senza precedenti al mondo.
I risultati dello studio clinico sono stati appena pubblicati sulla rivista Alimentary Pharmacology and Therapeutics.
Il trial concluso al Policlinico A. Gemelli, condotto dal gastroenterologo Giovanni Cammarota in collaborazione con Luca Masucci, dell’Istituto di Microbiologia diretto dal professor Maurizio Sanguinetti, è il primo randomizzato effettuato al mondo usando la colonscopia come mezzo per infondere il microbiota nel ricevente, che dimostra chiaramente la superiorità della metodica rispetto al trattamento antibiotico standard con antibiotico (vancomicina).
A oggi, l’Unità operativa di Gastroenterologia del Policlinico Gemelli di Roma, diretta dal professor Antonio Gasbarrini, è l’unica in Italia a offrire il trapianto di microbiota intestinale quale opzione terapeutica per pazienti con infezione recidivante da Clostridium difficile. «Questo trial - sostiene il professor Gasbarrini - contribuirà a diffondere la metodica del trapianto di microbiota in altri centri».
L’infezione da Clostridium difficile è la causa più importante di diarrea acquisita durante le degenze ospedaliere ed è generalmente una conseguenza delle terapie antibiotiche. Gli individui anziani sono particolarmente esposti alla colonizzazione e alla eventuale conseguente patologia, che si manifesta a causa della produzione da parte del microrganismo di tossine che causano infiammazione e diarrea.
Tale infezione negli ultimi anni è divenuta più frequente, più refrattaria al trattamento convenzionale e mostra una maggiore tendenza alla recidiva, a causa di una maggiore diffusione in ambito nosocomiale e della comparsa di nuovi ceppi più virulenti.
Fino al 35% dei pazienti ha una ricaduta dopo il trattamento antibiotico di una prima infezione. A oggi non è ancora disponibile una terapia antibiotica efficace contro le recidive dell’infezione. Anzi, le ripetute e continuative terapie antibiotiche, con la concomitante perpetuazione della distruzione della flora intestinale, predispongono al rischio di ulteriori recidive e a un aggravamento sul piano clinico delle condizioni di salute del paziente. Tanto più che in genere si tratta di pazienti anziani, con patologie concomitanti spesso importanti, quindi fortemente esposti al rischio di subire complicanze gravi che in qualche caso possono essere causa di morte.
Il trapianto di microbiota intestinale consiste nella infusione di materiale fecale prelevato da un donatore sano nel tratto intestinale del paziente. L’efficacia della procedura, sempre più spesso utilizzata negli ultimi anni in varie parti del mondo, si basa sulla reintroduzione e sul recupero della normale flora microbica intestinale capace di neutralizzare e contrastare il Clostridium difficile. La via di somministrazione può dipendere dalle disponibilità e dalle competenze delle strutture sanitarie locali e può prevedere l’uso di sondini naso-gastro-digiunali, clisteri, colonscopia. Quest’ultima ha una maggiore efficacia sul piano terapeutico (oltre il 90% di guarigioni), in quanto permette di posizionare la microflora donata direttamente nella sede dell’infezione, ed è maggiormente accettata dai pazienti rispetto al sondino. La procedura è poco costosa e sufficientemente sicura.
Nella sperimentazione clinica condotta al Policlinico Gemelli si è per la prima volta confrontata l’efficacia del trapianto attraverso colonscopia con la terapia antibiotica classica con vancomicina. È guarito il 90% dei pazienti cui è stata trapiantata, usando la colonscopia, la flora intestinale di donatori sani contro il 26% dei pazienti trattati unicamente con antibiotico.
«È auspicabile che, alla luce di questi risultati, altri centri in Italia possano nel breve periodo disporre della stessa potenzialità terapeutica per contrastare questa pericolosa forma di diarrea infettiva», concludono i professori Cammarota e Gasbarrini.