«Gli studenti, assieme ai docenti di lettere e di arte, scelgono liberamente un’opera da rappresentare, attingendo al repertorio degli autori greci e latini: tragedie, commedie, drammi satireschi; non solo gli originali antichi, ma anche le riprese nelle epoche successive, dal Rinascimento in poi. Così sensibilizziamo i giovani verso i grandi capolavori del teatro antico, che risultano ancora attuali e in cui si riconoscono le radici culturali della civiltà occidentale». Elisabetta Matelli, ideatrice e direttrice del Festival Thauma, che ogni anno mette in gara a Milano le compagnie teatrali di scuole di tutta Italia, spiega così la nascita della manifestazione promossa per la quarta volta da Università Cattolica del Sacro Cuore e il Cit – Centro di cultura e iniziativa teatrale “Mario Apollonio”.
«L’attualità delle opere si manifesta nelle rappresentazioni in modi diversi: nelle tematiche, negli archetipi e nel loro grande valore formativo, nelle soluzioni rappresentative scelte» aggiunge la docente di Storia del teatro greco e latino. «Il grande pregio di questo Festival è la valorizzazione sulla scena di testi che una certa cultura contemporanea ritiene sorpassati, pesanti, ormai non più attuali e, invece, recitati da questi ragazzi con molto entusiasmo, mostrano quanto ancora abbiano da dire a loro e a noi che assistiamo agli spettacoli».
Cosa va in scena nel Festival? «Le proposte che arrivano dalle scuole si alternano tra scelte dei testi classici nuovamente tradotti e talvolta re-interpretati, a collage tematici tra diversi testi antichi, oppure a una riscrittura contemporanea dei tempi antichi. A ogni edizione emerge una preferenza verso alcune tematiche in particolare, per esempio quelle riguardanti i prigionieri di guerra, l’esule, la guerra di Troia con tutte le sue conseguenze oppure il mito di Medea: sono temi e miti che interrogano moltissimo i giovani, in tutta la loro attualità. Cerchiamo di rispettare il modello antico con lo stesso auspicio “politico”, nel senso alto dell’idea di polis, cioè di tenere unita la compagine sociale di un Paese attorno a dei valori riconosciuti, che sono quelli dell’Umanesimo, del teatro classico».
Ci saranno novità nella prossima edizione? «Sì, e riguarderanno soprattutto la sezione relativa alle scenografie e ai costumi. Chiederemo che non abbiano solo un valore decorativo rispetto alla recitazione ma siano giustificati da precisi criteri e soluzioni da porre al vaglio delle giuria. Lo scopo del festival è anche quello di far mettere in gioco i docenti di arte e di lettere, favorendo il dialogo tra loro e la collaborazione, per cercare alcune scelte ragionevoli e per dare unità ai vari elementi che compongono uno spettacolo. Un esercizio utile per gli studenti, non solo quando recitano, ma anche per quando assistono a uno spettacolo: permette loro di essere in grado di giudicare l’unità di pensiero che c’è tra il testo recitato in un certo modo dagli attori e tutto il corredo di scenografia e vestiti».
E in futuro, cosa avete in previsione? «Il prossimo anno vorremmo incentivare le scuole in gara ad assistere a tutte le rappresentazioni dei concorrenti: innanzitutto, perché “il mestiere del teatro si ruba” e poi perché è un momento formativo a livello critico. Il rapporto tra un testo originale e una rappresentazione di oggi, fedele o meno, può essere una forma di didattica esperienziale e non puramente intellettuale, che mette in gioco elementi molto alti e la sfera di emozioni che ne sono collegate.
Perché insistete su una gara? «L’agone tra gruppi teatrali affina le capacità di chi è in competizione e favorisce l’aggregazione sociale dei componenti all’interno di ciascun team, la ricerca dei mezzi più opportuni per ottenere la massima qualità nel proprio lavoro, l’entusiasmo proprio dell’esperienza sia teatrale che agonistica, non disgiunti dalla consapevolezza dei limiti imposti dal tempo e dalle risorse disponibili».
Una curiosità finale. Perché avete chiamato Thauma il Festival? «“Thauma” significa “meraviglia” ed è l’idea di teatro che vogliamo comunicare; la stessa parola “teatro” etimologicamente deriva dal verbo greco θεάομαι (theáomai) che significa ammirare, stupirsi. Lo spettacolo che funziona teatralmente è quello che riesce a sorprenderti, meravigliarti, a farti uscire diverso da come eri prima. Il teatro classico riesce a farlo perfettamente».