di Roberto Cauda *


L’occasione della recente visita del Santo Padre in Africa mi permette di ricordare e condividere con la comunità accademica quello che è stato l’impegno del Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale (CeSI) in Africa attraverso la promozione e realizzazione di diversi progetti di cooperazione solidale. Ho avuto l’onore di dirigere il Centro dal 2006 al 2018, essendo stato nominato inizialmente dal Rettore Prof. Lorenzo Ornaghi e successivamente confermato nel ruolo dal Rettore prof. Franco Anelli e in questi 12 anni sono stato testimone dei numerosi  progetti (circa 100) promossi dall’Ateneo non solo in Africa ma anche in altri continenti che, pur perseguendo finalità diverse (promozione della salute, sviluppo del microcredito, potenziamento dell’agricoltura, formazione sul campo, protezione delle persone più vulnerabili), si sono tutti caratterizzati per aver posto al centro dell’intervento la solidarietà come inalienabile bene.

In questa breve nota mi limiterò, per la mia formazione di medico e docente di Malattie Infettive, ad analizzare solo alcuni progetti aventi come tema la promozione della salute che si sono realizzati in Africa e che hanno riguardato la prevenzione delle malattie infettive in particolare HIV/AIDS, tubercolosi, malaria, patologie che, per il perdurare di numerose criticità di natura geopolitica, climatica e di sanità pubblica, affliggono in modo significativo la popolazione e rappresentano ancora una rilevante causa di morte. Certamente gli sforzi compiuti dalla comunità internazionale in questi ultimi anni attraverso numerosi progetti di cooperazione hanno permesso un migliore controllo dell’infezione da HIV, anche se esistono aree difficili da raggiungere e strati di popolazione che ancora non hanno beneficiato di questi aiuti, per cui si rende necessario proseguire nell’impegno di solidarietà.

Grazie ad un finanziamento della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) abbiamo sviluppato un progetto della durata di due anni che ha consentito di implementare e potenziare l’offerta assistenziale per HIV/AIDS, tubercolosi dell’ospedale di Ikonda, dei Padri della Consolata, sito in una remota area della Tanzania, la regione montuosa delle Livingston mountains. L’impegno dell’Ateneo non si è limitato a fornire attrezzature moderne per migliorare la diagnostica di queste malattie, ma ha anche inviato i suoi docenti (compreso lo scrivente) ad effettuare formazione sul campo per diffondere la cultura della salute sia negli operatori sanitari che nella comunità. I risultati ottenuti sono stati estremamente interessanti e consentono oggi di avere una migliore consapevolezza e conoscenza da parte degli operatori sanitari e della comunità afferente all’ospedale di Ikonda, sulla diffusione delle malattie infettive e sulla loro prevenzione.

Più recentemente è stato avviato un altro progetto, sempre finanziato dalla CEI, espressamente rivolto alle donne come popolazione più vulnerabile, che ha la finalità di prevenire l’infezione da HIV nella popolazione femminile e conseguentemente ridurre/azzerare la trasmissione materno/infantile di questa infezione. Il progetto si svolge nella città di Gulu nel nord dell’Uganda presso il Comboni Medical Center che in quell’area rappresenta un importante centro sanitario di riferimento per l’intera comunità. Anche in questo progetto l’Ateneo è in prima linea con i suoi docenti che fanno formazione per promuovere la salute e si impegnano sul campo in collaborazione con il personale locale e con le comunità coinvolte, in una logica di cooperazione solidale di tipo bilaterale che favorisce l’empowerment del partner locale che (come nel caso dell’Ospedale di Ikonda) dovrà, al termine del progetto, essere in grado di mantenerlo attivo.

In entrambi questi progetti è stata fortemente coinvolta la comunità degli studenti consapevoli che l’impegno non si esaurisce soltanto in un rapporto bilaterale donor-partner, ma che questo incontro deve essere l’occasione per una formazione più generale e compiuta degli studenti attraverso un percorso culturale che deve vederli protagonisti ed inseriti in un realtà culturale che integra la formazione universitaria classica.

Questo approccio culturale e metodologico risponde pienamente, a mio giudizio, alle esigenze ed alle sfide che un mondo globalizzato pone oggi all’accademia e più in generale alla società civile.

Mi sia consentita una riflessione conclusiva. Fin dalla sua costituzione il CeSI ha sviluppato progetti nelle aree più povere del mondo ed ha cercato di attuarli sul campo, avvalendosi di tutti i saperi dell’Ateneo, con il tratto distintivo della solidarietà e nel solco della tradizione millenaria della Chiesa Cattolica di accoglienza dei più poveri ed emarginati di cui il viaggio di Papa Francesco in Africa è un tangibile esempio per tutti noi. 

* Ordinario di Malattia Infettive presso la Facoltà di Medicina - Università Cattolica del Sacro Cuore