Una pandemia non l'aspettava sicuramente nessuno. Nemmeno, per quanto sempre pronti e educati, nelle aule e in tirocinio, a prepararsi a ogni “allerta”, i medici più giovani, particolarmente i neolaureati, in questa emergenza direttamente “in campo”. Abbiamo raccolto alcune delle loro storie


Angela Botta è alumna Unicatt sia di laurea che di specializzazione ed è attualmente dirigente medico della Unità operativa complessa di Ostetricia e Patologia Ostetrica, diretta dal professor Antonio Lanzone, alla Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs

di Angela Botta

Confesso che fino al 20 febbraio avevo sottovalutato gli accadimenti in Asia e avevo avvertito come distante l‘epidemia da Covid-19, avendo la speranza che una tragedia cosi lontana non ci avrebbe riguardato. Ma il mio incontro con il virus non è tardato ad arrivare: è avvenuto in un pomeriggio dei primi giorni di marzo in cui giunge alla mia osservazione una paziente alla 22ma settimana di gravidanza, asintomatica per sintomi respiratori ma con una sospetta tachicardia fetale e materna che mi induce a ricoverarla in isolamento per ulteriori accertamenti. Ed ecco il giorno dopo inaspettatamente l’esito del suo tampone risulta positivo. Nel giro di poche ore le sue condizioni sono peggiorate fino a portarla dopo pochi giorni dal ricovero in terapia intensiva per una polmonite interstiziale complicata da insufficienza respiratoria. È allora che acquisisco la consapevolezza che con questo virus non si scherza, che è del tutto imprevedibile e soprattutto sconosciuto.
 
È da quel giorno che la mia vita è stata sconvolta da un vortice di eventi e di emozioni che hanno invaso come una tempesta la mia quotidianità. E da lì riunioni interminabili per pianificare i percorsi delle pazienti infette e differenziare quelli per le pazienti non infette, stravolgimento dell´attività clinica di routine, telefonate fiume per tranquillizzare le pazienti gravide in ansia che cercavano in me una rassicurazione. E poi un turbinio di emozioni e sentimenti. Quello prevalente la paura. Paura di un virus mai studiato sui libri, di cui non si ha storia, che non si conosce, paura di non essere adeguati a fronteggiarlo, quella stessa paura che ti porta a soffrire di insonnia quando non ne hai mai sofferto, anche dopo faticose giornate di lavoro alla fine delle quali vorresti solo sprofondare nel letto ma non riesci a chiudere occhio e leggi in piena notte fino all´ ultimo articolo scientifico pubblicato sul temibile virus. 

E poi la paura di infettarsi. Ricordo ancora la telefonata del mio primario a mezzanotte che mi comunicava l´esito positivo del tampone di quella paziente che avevo visitato senza adeguati dispositivi di protezione e la paura nei giorni seguenti nell´attesa dell´esito del mio tampone, fortunatamente negativo.

Ed è sempre un sentimento di paura che anima il mio ritorno a casa ogni sera, la paura di  essere veicolo di infezione e che mi fa negare quel bacio a cui le mie bimbe e mio marito erano abituati dopo ogni giornata di lavoro, vittime inconsapevoli di una professione che non hanno scelto ma di cui subiscono le conseguenze. A questo si aggiunge la preoccupazione che la lunga clausura forzata e il vuoto formativo ed educativo dato dalla chiusura delle scuole possa avere su di loro e degli effetti psicologici a lungo termine, vuoto che non riesco sempre a colmare per le mie lunghe assenze da casa.

Ma poi è sempre la straordinarietà del mio lavoro e del miracolo che vedo compiere ogni giorno che mi salva e mi dà la forza di andare avanti, di superare l´ansia, la paura e le tensioni negative di questi giorni. La nascita di una nuova vita in questo scenario cosi drammatico acquisisce una forza emotiva e un significato nuovi che forse nella routine frenetica del nostro lavoro avevamo perso. Vedere donne Covid positive mettere alla luce un figlio e leggere oltre la mascherina la loro felicita è stato quasi un momento catartico per me e per i miei colleghi che con uno straordinario lavoro di équipe abbiamo cooperato a questo fine. 

Come anche scorgere nelle pazienti gravide non Covid la serenità di essere seguite da una struttura sicura con percorsi che potessero tutelare loro e i propri figli ci ha motivato a proseguire su questa strada e a credere di aver fatto un buon lavoro.


Settimo di una serie di articoli dedicati ai nostri medici in prima linea nella lotta al Coronavirus