Oltre 400 studenti dei corsi di laurea in Comunicazione e società (Comes), Communication Management (Comma) e Comunicazione per le organizzazioni e le imprese (Cor) hanno partecipato lunedì 2 novembre al primo incontro online con il ciclo Gli scenari e le professioni della comunicazione, organizzato dalla Facoltà di Scienze politiche e sociali. Un appuntamento che si ripete da qualche anno e che permette ai giovani di entrare in contatto diretto con i professionisti del settore, approfondire temi specifici, capire come indirizzare il proprio percorso di stage o orientare le scelte lavorative. Lo ha ricordato Barbara Scifo, docente di Linguaggi e strumenti dei nuovi media, introducendo ai ragazzi l’ospite dell’incontro intitolato Comunicazione di marca e creatività: il ruolo dei dati nella branded digital communication.

Matteo Starri, 36 anni, laurea in Lettere e filosofia a Trieste, master in Informatica umanistica al King’s College di Londra, diverse esperienze lavorative alle spalle. Da 10 anni Research & Insight Director in We Are Social Italia, agenzia creativa tra le più dinamiche del settore, network globale con un credo molto forte: “le persone prima che le piattaforme”. 

Proprio questa è l’espressione utilizzata da Starri per spiegare ai ragazzi l’approccio metodologico definito ‘social thinking’: «con il termine social non intendiamo Facebook, Instagram o Tik Tok – precisa – ma i rapporti sociali e le interazioni tra le persone». Tutto sta nell’osservare i dati, ascoltare le conversazioni, comprendere il perché dei comportamenti, lasciarsi ispirare, creare idee. 

La sfida è captare con i clienti un’opportunità, spiega. Come accaduto con la pubblicità di Barilla in cui due giovani sportive incontrano a sorpresa il loro campione Roger Federer: «In pieno clima di “lockdown”, quando socialità e sport erano penalizzati, è diventato virale il filmato di due ragazzine liguri che si mettono a giocare a tennis da un terrazzo all’altro. Abbiamo ‘sfruttato il dato’ – racconta Starri – il trend di visualizzazioni che continuava a crescere, lo abbiamo interpretato, abbiamo cercato di capire che cosa stesse succedendo, costruendoci sopra la nostra creatività».

 

 

L’obiettivo, secondo Starri, è lavorare perché ci sia uno scambio valoriale forte fra i brand e le persone: «questa è la parte più stimolante, cercare di individuare dove il brand viene percepito come una componente interessante nella vita delle persone e non come la classica interruzione pubblicitaria».

«Quando siamo bravi – racconta – riusciamo a creare dei progetti che fanno parlare le persone tra di loro e quando lo siamo ancora di più, riusciamo addirittura a modificare alcuni comportamenti, con un impatto ampio sulla cultura».

Lo spot Barilla è solo la prima di una serie di case history illustrate da Starri per mostrare agli studenti come i dati possono essere il punto di partenza per lo sviluppo di strategie creative, spiegare la differenza tra dati e insights – «quelle verità umane, non dette, che il subconscio è in grado di riconoscere» – , entrare nel merito delle abilità richieste in un mestiere affascinante come il suo.

Alla domanda su quali siano le caratteristiche ricercate in chi si candida in questo settore risponde: «La curiosità prima di tutto. Senza, non è possibile fare ricerca». Una certa sensibilità alla lettura socioculturale della realtà è dunque indispensabile. Poi, certamente, servono anche delle competenze tecniche, ma nel suo team – chiarisce – «nessuno ha una formazione accademica in ambito statistico».